La
lotta che coinvolge le case editrici e il governo giapponese contro la pirateria, in particolare per quanto riguarda anime e manga, assume di anno in anno proporzioni sempre maggiori. In particolare, molte delle più grandi compagnie dell’industria editoriale dei manga e delle case produttrici di anime si sono da tempo unite, con l’aiuto del
Ministro dell’economia, del commercio e dell’industria e del
CODA (Content Overseas DistributionAssociation), per formare il
Manga-Anime Guardians project, ovvero una piattaforma creata per sostenere le posizioni
anti-pirateria e fornire agli utenti un
database aggiornato di manga e anime disponibili on line legalmente, oltre a muoversi contro i siti che forniscono materiale illegale (ad esempio contrastando i molti siti cinesi che distribuivano contenuti piratati, con un tasso di successo e cancellazione del
60% per quanto riguarda i manga).
In ambito prettamente
editoriale, poi,
Kodansha,
Shueisha,
Shogakukan e
Kadokawa (che già fanno parte del MAG project), con la catena di negozi di gadget Animage Go, si sono coalizzati a settembre dell’anno scorso nella
Japan Manga Alliance, per contrastare in particolare la
pirateria thailandese, che genera una perdita di centinaia di milioni di yen.
Ma anche il governo non è rimasto con le mani in mano, anzi; si può dire che sta agendo con il pugno di ferro. È notizia di pochi giorni fa, infatti, che
la polizia giapponese ha arrestato quarantaquattro persone tra il 16 e il 18 febbraio
per violazione del Japanese Copyright Act, avendo caricato e messo a disposizione materiale protetto, in alcuni casi – come si può evincere dalla descrizione sommaria di alcuni degli imputati – anche solo una puntata di un anime o un unico volume di un manga. Vero è che solitamente i siti delle autorità giapponesi non solo soliti indicare quali sono le effettive conseguenze giudiziari e le eventuali sentenze, e quindi per molti di loro il tutto potrebbe concludersi senza condanne; ma
un numero così alto di arresti su suolo giapponese è notevole, soprattutto perché solitamente le azioni contro la pirateria si limitano all’oscuramento delle piattaforme pirata. Si tratta senz’altro di un’azione destinata anche al
tentativo di scoraggiare i trasgressori della legge, tanto l’arresto quanto la pubblicazione della lista coi nomi di alcuni imputati; lista da cui si può evincere anche che la pirateria giapponese non è il regno dei ragazzi e degli adolescenti, come qualcuno potrebbe pensare, visto che l’età media degli accusati è sui quarant’anni. Si tratta di un settore con un suo modello di business ben preciso, come ha messo in luce anche l'e-book di Renato Esposito
L'isola dei pirati.
Laureata in Lettere moderne (con indirizzo critico-editoriale), ho frequentato il Master in editoria. Mi interessa la «vita segreta» che precede la pubblicazione di un libro – di carta o digitale – e mi incuriosiscono le nuove forme di narrazione, le dinamiche delle nicchie editoriali e il mondo dei blog (in particolare quelli letterari).
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