Le classifiche sono importanti
Con la parziale eccezione del 2018, è da circa cinque anni che il mercato del libro in Italia si trova, nonostante la frattura della pandemia, in un periodo di crescita. Ciononostante il 2022 si è aperto con dei segnali di flessione che necessariamente richiedono interpretazione. Più che leggerli come indizi di «rottura dell’incantesimo» devono guidare le osservazioni che facciamo e le domande che ci poniamo sul futuro (ma anche sull’evoluzione storica) del nostro settore.
La crescita pre e post pandemica a cui abbiamo assistito nel mercato di varia negli ultimi anni è in qualche maniera interpretabile come un salto dimensionale a cui il settore si allenava da molto: a determinarlo il lavoro incessante delle case editrici e il loro orientamento alla professionalizzazione, alla specializzazione, alla cura dell’autorialità e allo scouting locale e internazionale. L’ottimizzazione dei flussi di lavoro e il progresso del sistema logistico e distributivo, oltre che, naturalmente, l’esplosione dell’e-commerce. Ma hanno aiutato, specialmente negli ultimi anni, anche le politiche attive del governo: il sostegno alla domanda sia privata (18app) che pubblica (fondi alle biblioteche), un approccio più incisivo rispetto all’internazionalizzazione, maggior sostegno alle librerie e alle piccole case editrici. L’aver considerato, nel mezzo della pandemia, il libro «bene essenziale», con tutto ciò che ne è derivato.
A frenare però la crescita del nostro mercato – e a motivare almeno parzialmente i segni meno in apertura d’anno – intervengono ancora i limiti «classici» con cui abitualmente ci misuriamo. La lettura: che non cresce anzi cala nelle fasce più giovani della popolazione, nonostante le iniziative di promozione a loro rivolte. Gli indicatori del livello d’istruzione, che hanno subito una battuta d’arresto negli ultimi anni e ci collocano ben al di sotto dei Paesi europei con cui competiamo. L’ampiezza del mercato potenziale, condizionato da limiti geografici e linguistici particolarmente stringenti. Limiti classici cui si sommano più recenti complessità: il difficile e sempre più oneroso approvvigionamento della carta e più in generale i rincari che gravano sui processi produttivi e logistici.
Una delle cose che abbiamo volente o nolente imparato dai primi anni pandemici è che i libri sono oggetti che necessitano di attenzione nella selezione, nella pubblicazione, nella stampa e nel confezionamento. Ma anche nel lancio, nella promozione, nella distribuzione. Di attenzione e di tempo: nel 2021 abbia visto tornare in classifica titoli pubblicati uno, due, ma anche dieci anni prima. Abbiamo visto l’e-commerce favorire la coda lunga e l’esplorazione dei cataloghi. Nello stop al lancio novità imposto dal primo lockdown abbiamo trovato l’incentivo per curare al meglio i libri che avevamo già pubblicato. E per leggerli, perché no.
A partire da queste osservazioni, abbiamo deciso di lanciare sul nostro sito le classifiche dei libri più letti del Giornale della libreria: per genere (sei più quella generale, e per la prima volta in Italia avremo una classifica dei fumetti!), mensili, con le prime 100 posizioni anziché le consuete 10.
Pensiamo che guardare meglio, e con maggiore profondità, a ciò che si legge e si vende nel nostro Paese possa offrire alle librerie, soprattutto a quelle di minor dimensione, uno strumento attraverso cui migliorare la composizione dell’assortimento e approfondire la conoscenza di nuove case editrici e di nuovi marchi editoriali. E agli osservatori culturali qualche punto di vista inconsueto sulla produzione libraria più amata. Attenzione e tempo, come dicevamo.
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