Il primo cellulare dotato di fotocamera è comparso sul mercato nel 2000, con una risoluzione di 0,1 megapixel. Il millennium bug era un pericolo scampato da poco, Google era solo un motore di ricerca e i blog, prima, e i social network, poi, sarebbero sbocciati negli anni successivi. Il Web era ancora 1.0, esistevano i newsgroup; Internet stava per esplodere e la bolla delle Dotcom lo avrebbe fatto di lì a qualche mese.È degli ultimi giorni, invece, la notizia che Snapchat – la popolare piattaforma di messaggistica istantanea che fu «evanescente», e ora consente di rivedere i messaggi per 99 centesimi – dopo aver implementato un sistema di micropagamenti, lancerà una serie di filtri e sticker sponsorizzati che i giovani utenti potranno applicare ai loro autoscatti. Questi contenuti saranno progettati per conto e assieme ai brand inserzionisti e, considerando che il lancio avverrà per Halloween, non è difficile ipotizzare che i primi a sperimentare la nuova forma di marketing saranno gli studios hollywoodiani.
Per quanto riguarda l’Italia, il primato è sicuramente dei marchi di haute couture: durante la settimana milanese della moda, la maison Dolce&Gabbana, in linea con il sostanzioso utilizzo di Instagram fatto dagli stilisti, ha messo in scena una selfie-sfilata. Le modelle, nel ruolo di turiste in visita al belpaese, sfilavano tra le scenografie di un’Italia pizza, mandolino e pupi siciliani auto immortalandosi con i loro smartphone.
Una celebrazione di kitsch ed egotismo? Probabilmente.
Ma anche all’osservatore meno attento non sfuggono le folle di turisti che, nelle vie del centro delle nostre maggiori città, fotografano e si fotografano davanti alle vetrine dei brand del lusso, simbolo d’italianità e di buon gusto. Se le vetrine sono sfondi di scatti che verranno condivisi all’istante con ampie e ramificate cerchie di amici, perché i marchi non dovrebbero ripensarle come momenti di comunicazione, non solo per gli occhi del passante che le osserva dal vivo, ma anche per l’utente che le scorre in differita su Instagram, magari a centinaia di migliaia di chilometri di distanza?
Tanto il marketing sa stare al fianco del consumatore, anticipandone e prevedendone i comportamenti senza suggerirgliene, tanto più apparirà solubilizzato nei gesti quotidiani, tollerato e metabolizzato, integrato nelle proprie azioni e nel proprio storytelling personale senza essere considerato come intruso e indesiderato.
E le librerie? Qualche tempo fa Letteratura Rinnovabile premiava le vetrine più belle negli scatti dei lettori. Chissà che l’idea delle vetrine da selfie non possa funzionare anche per quelle popolate da libri: creando allestimenti fotogenici, magari gli autoscatti arriveranno!
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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