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Editori

Crisi per il settore o trasformazione? Le risposte dei piccoli editori di Più libri più liberi

di E. Vergine - L. Biava notizia del 4 dicembre 2014

Piccoli ma grandi innovatori e comunque in trasformazione. E’ questo l’altro volto della piccola e media editoria, raccontata non solo attraverso i segni meno: creatori di mondi e di personaggi, portavoce di universi narrativi e instancabili organizzatori di cultura, capaci di interpretare i desideri dei lettori e trasformarli in libri, gli oltre mille marchi – attivi commercialmente - della piccola editoria rappresentano una ricchezza inestimabile per il mondo del libro (quasi il 50% dei titoli pubblicati e il 20% dei titoli commercialmente vivi). E non solo idealmente: i 400 editori che espongono a Più libri più liberi, in termini di fatturato, valgono qualcosa come il terzo-quarto «gruppo editoriale» italiano.

A fotografarne le dinamiche ci pensa il Rapporto sullo stato della piccola editoria 2014, a cura dell’Ufficio studi dell’Associazione italiana editori, che solo per oggi sarà scaricabile gratuitamente dai principali store on line: un’indagine a tutto tondo basata su un campione di 220 piccoli editori (10 - 60 titoli) interrogati su produzione, fatturati, internazionalizzazione, digitale e soprattutto sul futuro. Ma cosa ne pensano gli editori coinvolti in questi giorni nella fiera della piccola e media editoria di Roma? Lo abbiamo chiesto ad alcuni di loro.



Questi quattro anni sono stati particolarmente difficili per l’editoria indipendente. Dal vostro punto di vista oggi ci troviamo in un contesto di trasformazione o solo in un momento di crisi?

Stefano Angeli (Franco Angeli Editore). Si tratta di una crisi a molte dimensioni. I nuovi media elettronici hanno generato ovunque nel mondo effetti dirompenti sulla produzione, distribuzione e consumo dei prodotti editoriali. In Italia però la crisi è risultata più grave perché sono emerse tutte le debolezze del contesto (civile ed economico) che dovrebbe nutrire la domanda di contenuti culturali. Mi riferisco al basso tasso di istruzione, che accomuna purtroppo parte delle nostre stesse élites. Più che altrove sono stati premiati valori (pensiamo a certe celebrazioni del «made in Italy») dove si è confusa la creatività con la spontaneità e il saper fare con l’apprendimento intuitivo. I bassi indici di lettura ne sono stati lo specchio. Per quanto possiamo, cerchiamo di mostrare che esiste una comunità di persone (autori, lettori, professionisti) che a questa deriva si è opposta e si sforza di impostare la propria crescita, anche lavorativa, su basi conoscitive più solide.

Sandro Ferri (Edizioni E/O). C’è una forte crisi economica ma c’è una parallela trasformazione del mercato, delle abitudini di lettura, dei punti vendita e del modo di fare editoria. È una trasformazione tecnologica, ma anche culturale. Non sappiamo bene dove andrà a parare, ma già ora vediamo dei cambiamenti strutturali: i lettori sono più frettolosi e poco concentrati, il mercato privilegia sempre più i bestseller, di conseguenza gli editori sembrano meno attenti al progetto editoriale e più disposti alla ricerca casuale di titoli che consentano di portare a casa un buon risultato di vendite; i cataloghi vengono meno difesi e curati; proliferano nuovi agenti letterari spesso più attenti al possibile bestseller che a guidare i loro autori verso l’editore giusto; la cura editoriale diminuisce; chiudono librerie soprattutto nei centri storici e dedicano spesso meno tempo alla proposta dei libri e alla cura del cliente, l’informazione sui libri s’indebolisce. In questo contesto d’incertezza il nostro obiettivo è quello di valorizzare il ruolo dell’editore come soggetto irrinunciabile della selezione e proposta di libri al pubblico. Laddove il «modello Amazon» punta sulla rinuncia all’editore favorendo il self-publishing, mettendo in comunicazione diretta autori e lettori, incoraggiando il drastico calo del prezzo del libro (e quindi del lavoro che esso contiene e che lo qualifica), noi cercheremo sempre più di mostrare al pubblico come il valore aggiunto del lavoro editoriale (in tutte le sue componenti) sia indispensabile alla vita dei libri e della lettura.

Carlo Gallucci (Gallucci Editore). L’editoria sta attraversando una fase di profonda trasformazione in coincidenza con un periodo di crisi economica generale che interessa tutti i settori del commercio. Si tratta di una congiuntura di dimensione europea, ma è in Italia, dove la deflazione sta colpendo più duramente, che assistiamo agli effetti più gravi. Tuttavia proprio nei momenti di trasformazione è necessario investire nel cambiamento per riuscire a gestirlo e non solo subirlo, bisogna osare, sperimentare, rischiare. Il nostro obiettivo oggi, come editori, è concentrare le energie, definendo più chiaramente la personalità del nostro marchio, mettendo a punto la nostra struttura, la nostra linea editoriale, il nostro modello di business, in modo che il futuro ci trovi più forti e determinati. Del resto, credo che i momenti di trasformazione abbiano proprio questo di positivo: spingono a ripensarsi in meglio, a capire cosa non funziona e a inventare qualcosa di nuovo.

Marco Zapparoli (Marcos y Marcos). Vedere il contesto attuale come un momento di trasformazione aiuta a cogliere i segni positivi del cambiamento. La connessione perenne a una rete che ci inonda di notizie, messaggi, contenuti anche preziosi di ogni tipo, non è di per sé un male; occupa spazio e tempo, ma può anche offrire stimoli e punti di partenza. Per poter essere un approdo in questo mare, i libri devono diventare sempre più affidabili, belli, ben curati. Un buon libro, un buon cibo, una spiaggia, un sentiero di montagna saranno sempre più elementi irrinunciabili di un mondo concreto che, per le persone libere, è il riscatto da un flusso costante di visioni frammentarie. Questo bisogno fisico di assaporare a fondo è ciò che spinge le persone, sempre più numerose, alle occasioni che mettono al centro l’esperienza diretta. È ciò che muove gli insegnanti più illuminati ad educare all’ascolto e alla scoperta. Il nostro obiettivo principale è fare rete, fisica e reale, con tutte le persone che lavorano in questa direzione: editori, librai, bibliotecari, scuole.



Quali pensa che siano le priorità del mondo del libro?

Stefano Angeli. È paradossale, ma sembra che ultimamente le politiche pubbliche si siano indirizzate in senso opposto a quanto ci si sarebbe dovuto aspettare. Non solo (con l’Iva) si disincentivano le nuove modalità di fruizione digitale, ma anche nel mondo dell’istruzione e dell’università si sono operate scelte che sminuiscono il valore del prodotto libro come fondamento dei processi educativi. Per questo sarebbe già importante si adottassero almeno politiche di neutralità nei confronti non genericamente della lettura, ma specificamente dell’oggetto libro. In campi legati al benessere fisico degli individui tanto spesso si invoca un principio di cautela a fronte di innovazioni non sufficientemente sperimentate. Non sarebbe male, io credo, se una pari attenzione venisse riservata a quanto contribuisce allo sviluppo delle capacità cognitive.

Sandro Ferri. Credo che il nodo principale sia lo sviluppo di una politica di valorizzazione della lettura. Bisogna far comprendere al maggior numero possibile di persone che la nostra civiltà, il nostro benessere materiale e spirituale, non possono fare a meno dei libri, ossia che i libri sono una risposta vincente per il futuro. Per fare questo è necessario il sostegno alle biblioteche, alle fiere del libro, alle librerie e, in generale, alla promozione della lettura.

Carlo Gallucci. È necessario porre fine alla discriminazione tra libri cartacei e libri digitali perché, come recita il nostro slogan, «un libro è un libro» indipendentemente dal fatto che sia su carta o in formato digitale. L’equiparazione dell’Iva al 4% per gli e-book è quindi è un’emergenza più che una priorità. Bisogna poi lavorare per allargare il bacino dei lettori. In Italia leggono almeno un libro l’anno solo 43 italiani su 100, e sono numeri allarmanti per un Paese civile. Bisogna agire sui non lettori perché comincino a leggere, qualunque cosa, di qualunque genere. Questa non deve essere una priorità degli editori, ma del Paese, delle istituzioni: leggere serve per imparare a riflettere, per non vivere solo di emotività e di slogan ed è per questo che occorre che il governo, coadiuvato dal Centro per il libro, dia il via a campagne efficaci e capillari per promuovere la lettura in Italia.

Marco Zapparoli. Non c’è dubbio: la prima priorità è la promozione della lettura. Il lavoro che viene fatto già oggi da molti ottimi editori per bambini e ragazzi va esteso anche al mondo degli adulti. Noi siamo molto soddisfatti di esperimenti molto concreti, come le Letture bendate, lanciate con Letti di Notte e riprese durante il Giro d’Italia in 80 librerie, che ora approdano anche alle biblioteche e alle scuole. Stimolare l’ascolto in tutti i modi, lavorare sull’accoppiata abbandono-piacere ha prodotto ottimi frutti. Anche le Biciclette parlanti, dotate di diffusori bluetooth e di playlist tematiche, sono sempre più richieste. A gennaio 2015 lanciamo due corsi, riservati a dodici persone: lettura ad alta voce, e fotografia «di scena», con focus sulla lettura. Il nostro progetto LeggiLO LeggiTI offrirà ben 24 appuntamenti in cui lettura e fotografia si contamineranno in modo creativo. Abbiamo moltissime richieste, sia per i corsi, sia per i mini-spettacoli.







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