Camilla Läckberg, una delle voci più riconoscibili del giallo scandinavo, ha annunciato per il 2026 l’uscita di dieci audiolibri concepiti da lei ma scritti da tre colleghe – Lisa Bjerre, Anna Bågstam e Malin Karim – a partire da idee e outline sviluppate all’interno di una writers’ room. Il progetto, in collaborazione con l’editore svedese Bokförlaget Forum, è esplicito: non ghost-writing, ma un lavoro collettivo sotto la regia creativa di Läckberg, che fornisce la cornice narrativa, coordina la scrittura e supervisiona i testi finali. La scelta è dichiaratamente orientata al formato audio e introduce, nel mercato nordico, una serialità di ampio respiro costruita fin dall’inizio come prodotto di team.
Il modello non nasce dal nulla. James Patterson ha reso sistematica – e soprattutto pubblica – la collaborazione con coautori a cui affida la stesura a partire da trame e outline dettagliate, rivedendo poi i manoscritti e mantenendo una forte identità di marca. Nel caso di Tom Clancy, già negli ultimi anni della sua carriera e poi dopo la sua scomparsa, l’universo narrativo da lui creato è stato sviluppato da squadre di autori coordinati da editor e curatori, con il suo nome a garantire identità e continuità. Clive Cussler ha lavorato in modo affine, affidando a coautori dichiarati l’espansione dei cicli narrativi avventurosi da lui creati; e negli ultimi anni della sua attività anche Wilbur Smith ha scelto di coinvolgere altri scrittori per proseguire e rinnovare le sue saghe, stabilendo linee comuni e revisionando i testi.
Un precedente storico significativo è rappresentato da V.C. Andrews: dopo la morte dell’autrice nel 1986, la casa editrice ha incaricato Andrew Neiderman di proseguire le sue saghe, mantenendo attiva una firma riconoscibile e strutturando un marchio narrativo. Ancora prima, il modello industriale dello Stratemeyer Syndicate per Nancy Drew e The Hardy Boys aveva già definito un sistema seriale: storie ideate e supervisionate centralmente, autori coordinati, pseudonimo condiviso. Schemi molto lontani per epoca e contesto, ma già basati sull’idea che l’identità autoriale fosse legata a un universo narrativo e a un metodo, non solo alla mano che scriveva.
La scelta di Läckberg si colloca dunque in una genealogia precisa, ma introduce due elementi contemporanei: la totale trasparenza sul processo e l’orientamento nativo al formato audio, oggi terreno privilegiato per logiche produttive vicine a quelle dell’audiovisivo. La figura dell’autrice si sposta così verso quella di una regista, capace di costruire mondi narrativi e di guidare un gruppo di scrittura mantenendo coerenza, tono e riconoscibilità.
Non è un cambio immediato né universale, e non tocca l’autorialità letteraria in senso pieno. Ma in un segmento crescente dell’editoria commerciale la catena del valore si sta spostando: dalla scrittura individuale al coordinamento creativo, dalla pagina alla piattaforma, dalla firma al progetto. Il caso Läckberg, per trasparenza e dimensione, mostra che questa traiettoria non è più eccezione. È un laboratorio a cielo aperto.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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