Lo Sheikh Zayed Book Award (SZBA) è uno dei premi letterari più prestigiosi al mondo ed è dedicato alla cultura e alla letteratura araba. Organizzato dall’Abu Dhabi Arabic Language Centre, con il patrocinato del Dipartimento di Cultura e Turismo di Abu Dhabi, ha recentemente premiato i vincitori e le vincitrici della diciannovesima edizione, suddivisi in otto categorie. Quest’anno la lista dei premiati annovera un italiano, lo storico Marco Di Branco, per la categoria Traduzione.
La cerimonia di premiazione si è svolta il 29 aprile durante la Fiera internazionale del libro di Abu Dhabi, assegnando il premio per la Personalità culturale dell’anno (circa 250 mila euro) al celebre autore giapponese Haruki Murakami, per la sua «sensibilità letteraria cosmopolita e la sua capacità di assimilare influenze condivise da tutto il mondo». Ai vincitori delle altre categorie è stato riconosciuto un premio di circa 188 mila euro.
Dal 2018, inoltre, lo SZBA ha lanciato il Fondo per la traduzione con l’obiettivo di incoraggiare gli editori internazionali a tradurre, pubblicare e distribuire più libri arabi di qualità al di fuori del mondo arabo. Il finanziamento è disponibile per la traduzione di tutti i titoli letterari e di narrativa per ragazzi vincitori del premio.
Oltre a Marco Di Branco, tra i premiati di quest’anno troviamo l’autrice franco-libanese Hoda Barakat nella categoria Letteratura per il suo romanzo Hind or the Most Beautiful Woman in the World, pubblicato da Dar Aladab nel 2024; la scrittrice marocchina Latifa Labsir nella categoria Letteratura per bambini con The Phantom of Sabiba, pubblicato da Markaz Kitab nel 2024. E ancora Said Laouadi (Marocco) in Critica letteraria e d’arte per il suo libro Food and Language: Cultural Excavations in Arab Heritage, pubblicato nel 2023 da Afrique Orient; lo studioso emiratino Mohammed Bechari in Contributo allo sviluppo delle nazioni con The Right to Strive: Perspectives on Muslim Women's Rights, pubblicato nel 2024 da Nahdet Misr Publishing; il ricercatore britannico Andrew Peacock in Cultura araba in altre lingue con Arabic Literary Culture in Southeast Asia in the Seventeenth and Eighteenth Centuries, pubblicato da Brill nel 2024. In Redazione di manoscritti arabi ha vinto Rasheed Alkhayoun, dall’Iraq e dal Regno Unito, per la sua edizione critica del libro News of Women, pubblicato dal King Faisal Centre for Research and Islamic Studies nel 2024.
Professore di Studi Islamici all’Università La Sapienza di Roma, Marco Di Branco è stato premiato per la sua traduzione dall’arabo all'inglese di Kitāb Hurūshiyūsh pubblicata con il titolo Orosius dalla Pisa University Press nel 2024. È il secondo italiano a vincere nella storia ventennale del premio, mettendo in risalto l’eccellenza accademica italiana nel campo della lingua e cultura araba e celebrando lo stretto rapporto tra le due culture, italiana e araba. Prima di lui, Mario Liverani, anche lui storico ed ex professore alla Sapienza, ha vinto nel 2014 nella categoria Cultura araba in altre lingue con Immaginare Babele (Laterza, 2013).
Che significato ha per lei, sia a livello personale che per l’accademia italiana, ricevere un premio così importante nel campo della traduzione e della cultura araba?
Il premio SZBA è uno dei premi più prestigiosi dedicati alla letteratura araba. Per me personalmente si tratta di un grandissimo onore e di un’enorme soddisfazione: sono molto grato alla commissione che ha voluto premiare il mio lavoro. Per quanto riguarda l’accademia italiana, dedico questo premio a chi, al suo interno, ha operato e opera in condizioni di precarietà e di difficoltà economiche, producendo ricerca di alta qualità che spesso supera quella di docenti strutturati e inseriti negli organismi dirigenti universitari.
Il suo lavoro Orosius, traduzione di Kitāb Hurūshiyūsh – versione araba dell’originale latino di Paulus Orosius, Historiarum adversus paganos libri septem –rappresenta un ponte tra il patrimonio classico latino, la tradizione araba e il pubblico internazionale contemporaneo. Quali sono state le principali sfide e soddisfazioni nell’affrontare un testo così stratificato e ricco di implicazioni culturali?
In primo luogo, la sfida linguistica, ma soprattutto la sfida culturale. In effetti il Kitāb Hurūshiyūsh rappresenta un’opera di straordinaria importanza, che ha lasciato una profonda impronta nella storiografia dell’Occidente islamico, venendo a costituire per molti intellettuali arabi la porta di accesso privilegiata al mondo greco-romano. Aver portato a compimento un lavoro così complesso e stratificato (e anche di notevole mole) rappresenta senza dubbio una grande soddisfazione scientifica e personale.
Un grande lavoro che non richiede solo competenze linguistiche, ma anche una profonda conoscenza del contesto culturale e storico. Quali strategie utilizza per mantenere l’equilibrio tra fedeltà al testo originale e chiarezza per il lettore moderno?
Il Kitāb Hurūshiyūsh si trova davvero al confine tra due mondi e necessita di competenze linguistiche, storiche, religiose e culturali di tipo multidisciplinare. È forse anche questo il motivo per cui non è mai stato tradotto prima in nessuna lingua occidentale. Si è reso dunque necessario non solo tradurre il testo ma anche fornire al lettore la possibilità di comprendere il suo significato più profondo attraverso un commento storico-filologico, che può essere utile anche ai lettori di lingua araba, finalizzato alla chiarificazione di tutte le sfumature e i punti oscuri dell’opera.
Lo SZBA si distingue per la sua attenzione al dialogo interculturale e alla diffusione della conoscenza. Quali opportunità vede, grazie a questo riconoscimento, per promuovere ulteriormente la letteratura e il pensiero arabo nel contesto internazionale, anche attraverso la traduzione?
Il mio percorso di studi, che è iniziato dalla storia romana e si è poi espanso verso il mondo arabo-islamico, rappresenta icasticamente la fusione tra due mondi. Ricevere lo SZBA è stata per me un’enorme soddisfazione personale, ma anche uno stimolo a continuare il mio progetto di ricerca sulla visione arabo-islamica della storia greco-romana, che vorrei presto proporre alla Commissione Europea e che ha come nucleo fondamentale l’edizione e la traduzione di testi arabi. In tal senso, il prestigio derivato dal premio può essere estremamente utile.
In un’epoca in cui la circolazione delle idee rimane un tema cruciale, quale ruolo attribuisce oggi alla traduzione nel favorire la comprensione reciproca tra vari mondi?
Siamo sicuri che con «tradurre» si intenda la stessa cosa in tutte le culture? Certamente no. Per rappresentare questa pratica, infatti, ciascuna tradizione ha fatto e fa ricorso a paradigmi culturali specifici, spesso anche molto diversi fra loro. Se noi occidentali, quando «traduciamo», pensiamo di «portare al di là» un certo significato, in India si pensa invece di crearne un’«apparenza illusoria»; mentre ad esempio in Nigeria si tratta di «rompere» l’originale per poi «raccontarlo» nella lingua di arrivo. Anche greci, romani e arabi utilizzarono paradigmi culturali molto specifici – e molto diversi dai nostri parametri moderni – per pensare la traduzione, che in ogni caso resta il principale strumento di accesso alle culture diverse dalla nostra: un prezioso utensile di pace per cercare di comprendere davvero gli altri.
Contenuto in collaborazione con Sheikh Zayed Book Award
© Immagine in header fornita da Sheikh Zayed Book Award 2025
Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Verona, ho conseguito il master Booktelling, comunicare e vendere contenuti editoriali dell’Università Cattolica di Milano che mi ha permesso di coniugare il mio interesse per i libri e l’intero settore editoriale con il mondo della comunicazione digital e social.
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