Quella di Apple si chiama Podcast Subscriptions ed è stata lanciata durante lo Spring Loaded dello scorso venti aprile, l’evento con il quale la big tech di Cupertino annuncia al mondo le novità hardware e software in arrivo. Una settimana dopo Spotify ha presentato Paid Subscriptions, definendola «una piattaforma per podcaster incentrata sulle iscrizioni a pagamento che permette ai podcaster stessi di fare passi avanti in termini di entrate, utenti raggiunti e visibilità».
Che i podcast siano il più dinamico tra i formati dell’audio è oramai palese, tanto quanto il fatto che la pandemia li abbia consacrati tra le abitudini di fruizione di mezzo mondo: Italia compresa. La Digital Audio Survey di Ipsos relativa al 2020 rivela un aumento di 4 punti percentuali nel numero di ascoltatori mensili di podcast, che passano dal 26% al 30% della popolazione tra 16 e 60 anni. A consolidarsi è anche la quota degli ascoltatori abituali, quelli che non si limitano «a un assaggio» ma fruiscono il podcast nella sua interezza: sono il 61%.
Pur in uno scenario di tanta evidente crescita, ciò che continua a essere carente sono le possibilità di monetizzazione e la conseguente creazione di un ecosistema di produzione e distribuzione dei contenuti economicamente sostenibile e remunerativo per i creator. Con queste soluzioni Apple e Spotify mirano a diffondere anche nel segmento dell’audio «parlato» il modello subscription. Di servizi per la monetizzazione dei podcast d’altronde ne esistono già: come Patreon oppure Supporting Cast. Si tratta però di servizi terzi, le novità introdotte consento invece a podcaster e ascoltatori di gestire l’abbonamento direttamente dalle piattaforme.
Cominciamo da Apple. Podcasts Subscriptions verrà lanciato a maggio in 170 Paesi e offrirà agli utenti uno spazio dove accedere a contenuti premium che completeranno l’offerta da due milioni di podcast (gratuiti) già disponibile su Apple Podcasts. Diversi gli abbonamenti che sarà possibile sottoscrivere – corrispondenti a diversi livelli di servizio – le soluzioni a pagamento potranno consentire ascolti senza pubblicità, contenuti extra, accesso esclusivo o in anteprima a nuove serie. Il prezzo di ogni abbonamento verrà stabilito dal creator e l’addebito sarà su base mensile. Gli episodi di podcast o i podcast distribuiti a pagamento su Apple non necessariamente risulteranno a pagamento anche sulle altre app d’ascolto.
Per accedere alle nuove funzionalità gli autori dovranno aderire all’Apple Podcasters Program, che al costo di 19,99 dollari l’anno fornisce l'accesso a tutti gli strumenti necessari per creare e distribuire abbonamenti premium su Apple Podcasts. Il primo anno Apple tratterrà il 30% delle entrate che i creator hanno generato tramite il programma, gli anni successivi la commissione scenderà al 15%.
La soluzione di Spotify sembra porsi in diretta concorrenza con quella di Apple. Per accedere al programma – per ora disponibile soltanto negli Stati Uniti: ma il lancio negli altri Paesi è previsto a breve – i creatori di contenuti dovranno passare da Anchor, la piattaforma di podcasting di proprietà di Spotify. Con il programma della piattaforma svedese i podcaster possono proporre agli ascoltatori abbonamenti in tre fasce di prezzo (2,99 dollari al mese, 4,99 o 7,99) e gli episodi distribuiti a pagamento risulteranno tali non solo su Spotify, ma anche sulle altre piattaforme.
Con Paid Subscriptions per i primi due anni ai creator verrà riconosciuto il 100% di quello che guadagneranno (al netto delle commissioni sulle transazioni di pagamento), dal 2023 la compagnia tratterrà il 5%: condizione in ogni caso più favorevole di quella proposta da Apple.
«Vogliamo consentire un'ampia distribuzione di contenuti per soli abbonati con lo scopo di aiutare i podcaster a massimizzare il loro pubblico in abbonamento e ad ampliarlo a partire dalle loro basi di ascoltatori» ha spiegato l’azienda, che attualmente ospitata 2,6 milioni di podcast: 400 mila in più rispetto all’ultimo trimestre del 2020. «Questi contenuti possono essere cercati e individuati all’interno di Spotify come tutti gli altri episodi di podcast»: sono infatti contrassegnati da un’icona a forma di lucchetto sul pulsante play.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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