La libertà di espressione oggi è messa alla prova da due forze contrastanti: una ci spinge verso il futuro, dove l’intelligenza artificiale, se non regolata efficacemente, può produrre gravi rischi per la democrazia; l’altra ci riporta al passato, evocato dalla censura draconiana con cui la Russia ha represso il dissenso interno riguardo la guerra in Ucraina, chiudendo i media indipendenti nel Paese. Le parole Irene Khan, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione e di opinione, colgono bene la doppia anima di questa seconda edizione del WEXFO – Word Expression Forum – il forum internazionale per la libertà di espressione promosso dalla associazione editori norvegese insieme al mondo dell’informazione e dei media, che conta sul sostegno di FEP e dell’IPA, oltre che dell’AIE e altre associazioni editori europee. Nei due giorni del convegno si sono alternati relatori di tutto il mondo, tra cui editori, giornalisti, politici, rappresentanti di organizzazioni non governative, attivisti, avvocati per i diritti umani, autori, artisti e accademici.
Come colto da Kahn nel suo intervento a chiusura del convegno, il WEXFO ha saputo alternare numerosi approfondimenti sul quadro politico internazionale, segnato da un preoccupante declino delle democrazie in favore di regimi autocratici, con una riflessione sul ruolo dei social media e dell’intelligenza artificiale nella costruzione del consenso e nella manipolazione dell’opinione pubblica. Per questo Khan ha richiamato con forza alla responsabilità delle piattaforme e all’obbligo di trasparenza, non solo per quanto riguarda gli algoritmi ma anche la proprietà delle Big tech. «La domanda – ha concluso – non è se regolamentare la tecnologia, ma come».
Dello stesso avviso, Sasha Havlicek, CEO dell’Institute for Strategic Dialogue, ha sottolineato come le piattaforme offrano un ambiente tutt’altro che libero in cui esprimersi: al contrario, gli algoritmi propongono costantemente contenuti in linea con le opinioni degli utenti, rafforzandole con effetti drammatici nel caso di soggetti più deboli e influenzabili. Poiché «i contenuti più virali sono quelli divisivi», dalla politica alla violenza di genere, le piattaforme social devono confrontarsi inevitabilmente con il conflitto di interesse che sussiste tra il perseguire la sicurezza degli utenti e incrementare i profitti. Havlicek ritiene che la soluzione sia quella di avere accesso ai dati dei social network per poter condurre audit indipendenti, così da poter monitorare i rischi per gli utenti e le contromisure adottate. L’Europa, osserva, ha mosso i primi pass in questa direzione con il regolamento europeo del DSA, secondo un modello che si augura possa essere di ispirazione per altri Paesi.
La tecnologia può diventare anche un alleato prezioso della libertà di espressione, ad esempio se utilizzata al servizio del giornalismo investigativo. Un esempio viene dalla piattaforma Bellingcat, che utilizza dati open source per condurre importanti inchieste, spesso rivelando i meccanismi di costruzione delle fake newsad opera dei regimi autoritari. Nel caso del conflitto in Ucraina, l’analisi approfondita dei contenuti dei social, effettuata con il supporto di alcune tecnologie, ha consentito di identificare luoghi, unità militari e soldati responsabili di un grave crimine di guerra. E ancora, è stato dimostrato come i video circolati nei giorni immediatamente precedenti l’invasione dell’Ucraina fossero stati creati ad hoc, manipolando suoni e immagini, per creare artificialmente il casus belli. Il prezzo da pagare per queste inchieste è stato alto: il loro autore, Christo Grozev, ha dovuto abbandonare il proprio Paese per ragioni di sicurezza.
Nel caso del progetto V-Dem (Varieties of Democracies) l’analisi dei dati diventa uno strumento potente per amplificare la nostra capacità di comprensione dei processi politici. Il professore Staffan Lindberg, direttore del V-Dem Institute presso l’Università di Gøteborg, ha presentato l’ultimo report annuale sulla salute della democrazia nel mondo, elaborato sulla base della banca dati del progetto – circa 31 milioni di dati sulle caratteristiche chiave dei sistemi di governo di 202 Paesi nel tempo, raccolti tramite 3.700 esperti –, evidenziando un trend preoccupante di «autocratizzazione» in molti Paesi. I dati mostrano che il livello medio di democrazia di cui beneficiano i cittadini nel mondo di oggi è tornato al livello del 1986; in particolare, l’Europa orientale è tornata ai livelli della fine della guerra fredda. Il processo di declino della democrazia è tale per cui il 43% della popolazione mondiale vive in regimi autocratici. L’analisi dei dati mostra una forte correlazione tra polarizzazione politica e sistemi autocratici, per cui maggiore è la prima, minore è il livello di democrazia di un Paese. Un'altra correlazione fondamentale è quella che lega la polarizzazione alla disinformazione, utilizzata sistematicamente per trasformare l’oppositore politico in nemico della nazione. Questa narrazione, osserva Lindberg, è utilizzata per legittimare prima la censura dei media, la repressione del dissenso e della libertà di associazione, e infine, nel tempo, l’annientamento fisico dell’avversario. In sintesi, «democracy dies with the lies».
Il WEXFO ha dato voce a numerose testimonianze di coloro che lottano per l’affermazione dei diritti umani e della libertà di espressione, spesso rischiando in prima persona. Tra gli interventi, il keynote speechdi Oleksandra Matviichuk, direttrice del Centro per le libertà civili di Kiev insignito nel 2022 del Premio Nobel per la pace, che ha restituito la riflessione sulla guerra in Ucraina alla dimensione umana, invitando a riflettere su come tutelare concretamente la dignità e i diritti, partendo dalla giustizia; il dialogo sulla rivoluzione delle donne in Iran, che ha incrociato le prospettive di Masud Gharahkhani, Presidente del parlamento norvegese, di origini iraniane, della poetessa Fatemeh Ekhtesari e dell’attrice Forouzan Jamshidnejad, ricordandoci come l’arte possa incrinare la narrazione della realtà dei regimi; la visione innovativa e dirompente del rapporto tra religione e libertà di espressione di Seyran Ateş, fondatrice della Moschea Ibn Rushd Goethe a Berlino per un islam contemporaneo e progressista, in cui tutti i compiti sono assunti anche dalle donne.
Il mondo dell’editoria libraria internazionale, che nella libertà di espressione trova l’essenza stessa della professione editoriale, è stato al centro della serata dedicata al Premio Voltaire dell’International Publishers Association, conferito all’editore iracheno Mazin Lateef Ali, e al premio speciale postumo allo scrittore ucraino Volodymyr Vakulenko. Alla libertà di edizione è stata dedicata anche la sessione del convegno che ha visto protagonisti il Presidente del Pen International, lo scrittore turco Karam Nachar e Rasha al Ameer, e la co-fondatrice della casa editrice libanese indipendente Dar Al Jadeed – insignita del Prix Voltaire 2021 – insieme al fratello Lokman Slim, ucciso al termine di una lunga campagna di minacce e attacchi subiti dagli ambienti vicini ad Hezbollah.
Una novità importante di questa edizione è lo spazio crescente dedicato alle nuove generazioni, alla valorizzazione della loro prospettiva sullo scenario politico globale e al confronto tra progetti che si rivolgono direttamente ai più giovani per promuovere i valori della democrazia, dell’inclusione, della libertà di pensiero. Alla vigilia del congresso, un gruppo selezionato di 50 giovani esperti e attivisti si è riunita per tre giorni a Utøya – l’isola nota per la strage del 2011 e oggi centro commemorativo e di formazione – per discutere le sfide alla libertà di espressione e confrontarsi, nella giornata conclusiva, in un dialogo intergenerazionale con altri partecipanti al WEXFO. In chiusura del forum, invece, si è tenuto il tavolo di lavoro dedicato alle organizzazioni impegnate o interessate a sviluppare progetti dedicati al rapporto tra giovani e libertà di espressione, con l’obiettivo di attivare una piattaforma internazionale di collaborazione, il WEXFO Youth, e creare una banca dati delle iniziative in questo campo che possa essere di ispirazione per nuovi progetti; in questo quadro internazionale si iscrive anche il summer camp per la scuola secondaria su ambiente e disinformazione promosso da AIE in collaborazione con Fondazione Golinelli.
In AIE dal 2005, attualmente lavoro nell’Ufficio Rapporti Istituzionali dove seguo le politiche per il libro in discussione a Bruxelles e a Ginevra, prendendo parte ai tavoli di lavoro della Federazione egli editori europei (FEP) e della associazione internazionale degli editori (IPA). Sono stata membro del Freedom to Publish Committee dell’IPA per due mandati (2016-2020), e tutt’ora membro dell’Educational Publishers Forum dell’IPA e del suo Steering Group. Ho preso a diversi progetti europei dell’associazione, con particolare attenzione alla gestione del diritto d’autore in ambito digitale, e contribuito a gruppi di lavoro in ambito ISO e W3C di interesse per il settore.
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