Le regole della grafica di copertina
cambiano di decennio in decennio. È un tema che ci sta particolarmente a cuore e che abbiamo talvolta affrontato anche
con il supporto di Giovanni Baule. Se le cover degli anni Novanta oggi ci appaiono fin troppo piene e chiassose, negli anni Zero – come osservava Tim Kreider sul «New Yorker» – la creatività di copertina sembra quasi prendersi una pausa, cedendo il passo a sfondi bianchi con semplici linee di testo, e questo vale in particolar modo per le editorie dei Paesi anglosassoni.
Per un certo periodo è sembrato che e-book ed e-reader avrebbero addirittura decretato
la morte della grafica editoriale, ma – come spesso avviene nei contesti di cambiamento digitale – non solo la ricerca di fisicità e bellezza non si è eclissata,
addirittura ha acquisito nuovo slancio. Incarnando i desideri e i valori di una classe social-generazionale che nei libri (in quelli belli in particolare:
si pensi al progetto di Livia Satriano), nella loro ricerca, nel possesso e nella collezione, esercita quasi un
consumo identitario e posizionale.
Progettare copertine desiderabili e concentrarsi sull’estetica fisica del libro sono azioni nuovamente al centro delle mire del marketing: una tattica per incrementare le vendite dei libri di carta è
ripensarli come oggetti desiderabili. E non solo per combattere l’asciutta praticità del pixel, ma soprattutto per venire incontro (e cavalcare) un canone estetico generato e promosso dai social. Un canone estetico che in piattaforme come
Instagram – e al seguito di hashtag come
#bookstagram – trova la sua massima espressione.

«Con la diffusione dei social network, le persone finiscono per esporre i loro libri in
posti diversi dalla libreria di casa. E in alcuni casi i libri diventano un accessorio»
commenta Rachel Willey, la designer dietro le cover di
Priestdaddy di Patricia Lockwood (il titolo si fa ciondolo su un lentigginoso collo femminile) e
The Pisces di Melissa Broder (dove compare sulla sagoma nera del pesce che una donna abbraccia appassionatamente).
«Se non mi piace una copertina non la fotograferò,
non le darò spazio nel mio feed» le fa eco Femke Brull, la bookstagramer che gestisce il profilo
@booksfemme. «Non rinuncerò mai a parlare di un libro che mi piace, ma preferirò ritrarne il frontespizio, di certo meno memorabile della cover.
E sono disposta a pagare di più per una bella edizione».
In questa scia s’inseriscono le manovre più recenti dell’editore inglese
Faber and Faber,
che sta dedicando una rinnovata attenzione alla grafica dei suoi libri. Ai lettori che hanno preordinato
Normal People di Sally Rooney è stata inviata in regalo la stampa tipografica della copertina (l’illustrazione a inchiostro di una coppia abbracciata in una scatola di sardine). Per l’uscita della trilogia di Rachel Cusk l’editore si è affidato al designer Rodrigo Corral, che ha utilizzato in copertina gli scatti di Charlie Engman, i cui lavori compaiono spesso su riviste come «Vogue
», suscitando l’associazione mentale con l’universo della moda e dello stile. «Quando lavoriamo pensiamo spesso all’attività dei social media manager – commenta Corral – che del libro faranno gif animate, immagini di profilo e video
pensati per diffondersi in rete».
L’evoluzione del rapporto tra piattaforma, design e letteratura emerge anche da
altri progetti di content curation che hanno a oggetto i libri: basti pensare alle
Insta Novels della New York Public Library che, con l’aiuto di grafici e artisti, trasformano in
stories di Instagram una selezione di romanzi particolarmente adatti alla reinterpretazione visiva.

E
neppure le passerelle sono rimaste immuni al fascino del libro come accessorio. Un esempio è il brand madrileno Loewe, celebre per le sue borse in pelle, che ha messo al centro della campagna pubblicitaria per la collezione autunno/inverno 2018 il cofanetto
Loewe Classics. Una serie di classici della letteratura mondiale ripubblicati in edizione limitata sotto il marchio della casa di moda e venduti nei suoi
store,
accanto ad altrettanto lussuosi e costosi articoli d’abbigliamento.
Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.
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