L’Associazione Italiana Editori ha avviato la scorsa settimana un Osservatorio per monitorare i danni che l’emergenza Covid-19 sta arrecando alle imprese editoriali e alla filiera. La rilevazione è a cadenza periodica, così da consentire un monitoraggio dell’evoluzione della situazione.
L’Osservatorio approfondirà inoltre con moduli specifici la reazione dei diversi settori del comparto: quello educativo, universitario, quello di varia adulti e ragazzi. Se la prima rilevazione, partita la settimana scorsa e di cui in questo articolo sono riportati i risultati di maggior rilievo, ha riguardato soltanto le case editrici associate ad AIE, la seconda indagine partita questa settimana ha coinvolto anche le case editrici non associate.
I dati contenuti in questa prima uscita fotografano la situazione complessiva del settore. Tutti i valori, le valutazioni, le percezioni dell’evolversi del quadro generale – e che si riferiscono alle risposte di 145 case editrici associate – fanno riferimento al periodo compreso tra il 17 e il 20 marzo. Il tasso di risposta è molto alto in considerazione del poco tempo a disposizione per la compilazione, le modalità di lavoro generate in azienda e gli impegni lavorativi degli editori.
Gli elementi rilevanti
Impressionante il cambio del piano editoriale: il 25% dichiara di averlo già effettuato al 20 marzo. In un breve periodo di tempo dunque. Non solo per le settimane più vicine dell’emergenza, ma anche per il periodo maggio/agosto (il 31% lo ha modificato). Un cambiamento di questa portata ha un effetto enorme sulla filiera: dalla produzione di carta, ai canali di vendita. A fine 2020 possiamo stimare 18.600 opere pubblicate in meno, 39,3 milioni di copie in meno stampate e confezionate, 2.500 titoli in meno tradotti e quindi con un impatto diretto sui traduttori come come sui service editoriali, sui curatori, ecc.
Prevedibile, ma lo stesso drammatico nei numeri, la riduzione degli eventi. Il 75% delle case editrici dichiarava già il 20 marzo di averne cancellati.
La percezione della crisi per la propria impresa mostra come l’88% dei rispondenti la definisca tra «significativa» e «drammatica» l’emergenza che si sta attraversando. Il valore sale all’81% per quanto riguarda la valutazione per tutto il settore («significativo» + «drammatico»).
Il grado di condivisione rispetto ad alcune affermazioni – in una scala da 1 (che corrisponde al valore minimo) a 10 (che corrisponde alla massima condivisione) – conferma le criticità su diversi aspetti:
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
Guarda tutti gli articoli scritti da Giovanni Peresson