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Mercato

Nielsen ha fatto un'indagine sulle piattaforme di streaming

di Alessandra Rotondo notizia del 24 febbraio 2020

Le piattaforme di streaming sembrano essere la modalità preferita di distribuzione dei contenuti (digitali) dei giorni nostri. Da Netflix a Prime Video, da Spotify ad Audible a Storytel – giusto per citare le più celebri e globali – l’arena dell’intrattenimento si fa sempre più affollata di competitor pronti a proporre la loro offerta in abbonamento.

Ma come reagiscono gli utenti di fronte a tanta abbondanza? È la domanda alla quale cerca di rispondere l’approfondimento Streaming Wars, contenuto nella più recente edizione del consueto Total audience report di Nielsen. È riferito al pubblico statunitense e analizza i soli servizi di video streaming, ma può suggerire l’analisi di tendenze dal più ampio impatto.



Secondo lo studio, il 19% di chi oggi fruisce di contenuto televisivo lo fa in streaming, attraverso servizi in abbonamento o con modelli di business freemium/premium. Solo un utente su cinque dichiara di acquistare un contenuto audiovisivo digitale «à la carte» (ovvero di pagare per accedere alla fruizione di un singolo video, una tantum).

Il 60% del pubblico statunitense è iscritto (o si iscriverà) a più di un servizio di streaming. Per l’84% a motivare la scelta di una piattaforma è la sua offerta di contenuti, ma anche la leva del prezzo è piuttosto significativa: il 42% di chi ha cancellato un abbonamento lo ha fatto perché ritiene di non averlo utilizzato abbastanza da giustificarne il costo.



A completare il podio delle motivazioni che spingono a scegliere un servizio di videostreaming (e a non abbandonarlo): l’interfaccia user friendly e un buon bilanciamento «tra catalogo e nuove proposte», per così dire.

Sul primo versante, è fin ovvio sottolineare quanto un’interfaccia di immediata e facile comprensione svolga un ruolo chiave nel fidelizzare l’utente verso questo tipo di piattaforma. Un’esperienza frustrante, un servizio difficile da navigare, una gerarchia di contenuti e informazioni poco intuitiva, l’assenza di quelle accortezze capaci di garantire all’utente una buona esperienza (la memorizzazione delle scelte di lingua e sottotitoli, la sincronizzazione tra i vari dispositivi del punto nel quale si è sospesa la fruizione, le liste di preferiti, consigliati e in visione…) non sono precisamente delle virtù quando, in un’arena piuttosto affollata, si cerca di conservare il proprio cliente e di conquistarne di nuovi.



E qui veniamo al secondo punto. Come sottolinea lo studio di Nielsen, le piattaforme devono essere in grado, da un lato, di acquisire e mantenere in catalogo i programmi che il pubblico desidera e richiede. Dall’altro, di interessare i propri utenti con proposte nuove e in divenire. Detto diversamente, devono convincere l'utente a iscriversi con la serie o il film che stava cercando e devono farlo rimanere con un’offerta nuova, sorprendente. D’altronde, è il 20% dei consumatori a dichiarare di aver annullato un servizio di streaming dopo aver visto tutti i contenuti a cui era interessato e che lo avevano spinto ad abbonarsi.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi sono responsabile del contenuto editoriale del Giornale della Libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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