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Innovazione

Il prossimo best seller lo scopriranno i big data?

di Alessandra Rotondo notizia del 13 settembre 2016

Come succede nella maggior parte delle industrie culturali, anche quella editoriale si regge grazie ai grandi successi di pubblico. Eppure, quella di prevedere le hit rimane un’arte enigmatica e sfuggente, mai veramente sistematizzata come strumento di marketing: soprattutto, poi, quando parliamo di autori alle prese con la loro prima volta sullo scaffale, l’incertezza aumenta vertiginosamente. Non è un caso che le Cinquanta sfumature di E. L. James abbiano incontrato l’attenzione di un editore tradizionale ben dopo l’autopubblicazione.

Un algoritmo capace di identificare un best seller con una percentuale di successo (almeno) dell’80% sembra fantascienza. Nonostante questo, il «bestsellerometro» è l’argomento cardine di The Bestseller Code: Anatomy of the Blockbuster Novel, volume assolutamente non-fiction prossimo alla pubblicazione e scritto da Jodie Archer, ex dipendente Apple specializzata nella ricerca sui contenuti letterari, e Matthew L. Jockers, professore associato di letteratura inglese all’università Lincoln del Nebraska.
L’efficacia dell’algoritmo, stando a The Bestseller Code, è stata testata attraverso una «predizione retroattiva» sui titoli indicati come best seller dal «New York Times» negli ultimi trent’anni,  e l’esperimento rappresenta un tentativo di identificare «scientificamente» le caratteristiche proprie di un libro di successo. Per farlo, il bestsellerometro si serve della saggezza data-driven proveniente dall’aver immagazzinato e interrogato una massiccia collezione letteraria composta da oltre 20 mila romanzi campioni d’incassi di tutte le epoche.

Il progetto – come riporta «The Atlantic» – è stato concepito alla Stanford University attorno al 2008, dove Jockers, allora docente al campus di Palo Alto, era considerato una mente emergente nell’ambito delle neonate digital humanities e Archer, studentessa prossima alla laurea, era invece scettica sull’ipotesi che la potenza computazionale di un computer potesse dire qualcosa di veramente utile in materia di letteratura.
L’algoritmo che Archer e Jockers successivamente hanno progettato non rappresenta l’unico tentativo di applicare il potere dei big data ai libri e all’editoria. La start up berlinese Inkitt – piattaforma di scrittura on line per condividere i propri libri e ricevere feedback da una community di lettori – qualche tempo fa ha annunciato una collaborazione con la casa editrice Tor Books per pubblicare, nel 2017, il primo libro scelto attraverso i big data: Bright Star dell’esordiente Erin Swan. E qualcosa di non particolarmente differente, anche se partendo da altre premesse, promette di fare anche Jellybooks, del quale abbiamo già parlato in passato.
Quello che rende interessante l’esperienza del bestsellerometro di Archer and Jockers, però, è essenzialmente la documentazione che racconta l’intricato percorso di apprendimento della macchina, costellato di micro-decisioni da prendere in materia di lessico, «tono», grammatica e sintassi.
«Questi algoritmi non sono magici» commenta Matthew Wilkens, docente alla University of Notre Dame e umanista informatico. «Riflettono le stesse scelte analitiche e interpretative compiute durante la lettura umana» pertanto possono essere sapientemente istruiti solo da persone competenti in materia.

Quali le preferenze letterarie di un programma appositamente concepito per individuare i best seller? Alcune sono di facile intuizione: lessico libero e schietto, spesso colloquiale, verbi dichiarativi per connotare i gesti dei personaggi orientati all’azione, «voce» autorevole… Altre, invece, sono meno ovvie: attraverso la catalogazione delle parole associate a determinati argomenti, Archer e Jockers hanno identificato nella «coesione narrativa» una delle caratteristiche principali degli autori di best seller. Danielle Steel e John Grisham, per esempio, dedicano generalmente un terzo dei loro romanzi all’argomento caratterizzante della loro produzione, che si combina, di volta in volta, con gli altri temi dello specifico titolo, generando una condizione di equilibrato conflitto.
Altre, ancora, contraddicono le aspettative. Secondo il bestsellerometro, per esempio, il sesso non fa vendere i libri. O meglio: rappresenta il tema dominante solo in una percentuale infinitesima di titoli che sono andati molto bene. Quello che li fa vendere, invece, è la «vicinanza umana», l’intimità emotiva tra i personaggi, che compare come tema dominante nella maggior parte dei best seller digeriti dall’algoritmo di Archer e Jockers.

Gli autori di The Bestseller Code non credono di aver inventato una macchina capace di identificare il caso letterario prima che la storia – editoriale e commerciale – del libro faccia il suo corso. Quello che la loro esperienza ci restituisce è una riflessione sui meccanismi e le tematiche della letteratura popolare, uno studio sulle tecniche della narrazione e sull’impatto che hanno sulle vendite.
Ma non manca chi – come Johnny Geller, co-CEO dell’agenzia letteraria londinese Curtis Brown – guarda oltre, manifestando interesse per gli utilizzi pratici che del bestsellerometro si potrebbero fare nell’industria editoriale.

L'autore: Alessandra Rotondo

Dal 2010 mi occupo della creazione di contenuti digitali, dal 2015 lo faccio in AIE dove oggi coordino il Giornale della libreria, testata web e periodico in carta. Laureata in Relazioni internazionali e specializzata in Comunicazione pubblica alla Luiss Guido Carli di Roma, ho conseguito il master in Editoria di Unimi, AIE e Fondazione Mondadori. Molti dei miei interessi coincidono con i miei ambiti di ricerca e di lavoro: editoria, libri, podcast, narrazioni su più piattaforme e cultura digitale. La mia cosa preferita è il mare.

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