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Editori

Pearson pronta a vendere la propria quota di Penguin Random House

di Camilla Pelizzoli notizia del 19 gennaio 2017

Con una mossa di cui si ventilava da tempo la possibilità, Pearson ha annunciato l’intenzione di vendere la propria quota, pari al 47%, di Penguin Random House. Bertelsmann, che controlla il restante 53%, aveva già reso nota la propria intenzione di aumentare anche fino al 70% la propria quota, se Pearson avesse deciso di mettere in vendita e le condizioni si fossero rivelate favorevoli; quindi non è improbabile che, almeno per una parte delle azioni, si giunga a un accordo tra i due gruppi.

Il resto verrà venduto o ricapitalizzato con l’obiettivo di far crescere i dividendi e mantenere in equilibrio il bilancio, oltre investire e ridistribuire il capitale in eccesso tra i detentori di azioni, mantenendo allo stesso tempo un merito creditizio investment grade. Il momento è stato considerato propizio non solo perché ormai è stata «completata l’integrazione di Penguin e Random House», e c’è «una maggiore stabilità del settore sul digitale», specifica il comunicato ufficiale del gruppo. John Fallon, amministratore delegato di Pearson, ha anche voluto sottolineare che si tratta di una scelta esclusivamente economica, non dovuta ai risultati delle case editrici, di cui invece è «molto fiero».
Il processo prevedibilmente richiederà molti mesi per essere attuato, com’è stato confermato anche dall’amministratore delegato di Penguin Random House, Markus Dohle in una e-mail mandata ai dipendenti, in cui si è aggiunto anche che «non si aspettano ulteriori dettagli riguardanti la transazione fino a più tardi nel corso dell’anno. […] Nel frattempo, l’attività procede come sempre per entrambi [i gruppi]».

L’annuncio è stato dato ieri 18 gennaio, durante la comunicazione del trading statement, il report semestrale sulle prospettive di vendita e sul guadagno lordo per i mesi a venire, e non è stato l’unico annuncio di rilievo. La cessione, infatti, avviene nell’ottica di un rafforzamento che, insieme a un consistente taglio di costi, dovrebbe permettere di raggiungere l’utile operativo per l’anno 2016, ma non quello – come precedentemente previsto – del 2017, che invece rispetto a quanto si prospettava è inferiore di circa 180 milioni di sterline (quasi 208,4 milioni di euro), e ha costretto Pearson a lanciare il quinto profit warning – ossia un allarme sugli utili – in quattro anni.  Inutile dire che l’ambizioso obiettivo proposto da John Fallon, che sperava di raggiungere gli 800 milioni di sterline di profitto per il 2018, è stato accantonato.

Secondo Fallon si è sottostimato il calo delle iscrizioni al college (-1,4%), causato sia da fattori economici che relativi alla politica generale, e in secondo luogo, mentre calavano le iscrizioni, non si è anticipato che le entrate medie per ogni iscrizione, un’entrata rimasta stabile per anni, potesse diminuire improvvisamente com’è effettivamente accaduto nel 2016. Senza contare la notevole crescita dei libri di testo presi «in affitto», maggiore rispetto a quanto anticipato.
«Abbiamo preso due grosse cantonate l’anno scorso, insieme a molte altre persone» ha detto Fallon ai media; «sono responsabile, accetto completamente la responsabilità del fatto che abbiamo sbagliato l’anno scorso. Ma sono anche responsabile della guida dell’azienda attraverso un periodo che si è rivelato molto più difficile di quanto si potesse immaginare, e non ho il tempo di fare altro che concentrarmi su quello che il consiglio mi ha chiesto di fare, ed è quello che continuerò a fare».

Gli investitori però non devono essersi sentiti molto rassicurati, perché il titolo azionario di Pearson è calato del 29%, a 573 pence, uno dei punti più bassi mai toccati dal gruppo.

Non mancano però le strategie per recuperare terreno, e oltre alla vendita di Penguin Random House spicca anche l’attenzione che, secondo quanto confermato dallo stesso Fallon, verrà data al passaggio al digitale, che si conta di accelerare in maniera significativa. Il progetto include il lancio di un proprio servizio di prestito per i libri cartacei e la riduzione del 50% delle tariffe per il prestito digitale: un’offerta che include quasi 2 mila titoli in formato digitale (mentre il progetto cartaceo comincerà con 50 titoli insieme ad alcuni partner scelti, con la possibilità di aumentarli velocemente in caso di buoni riscontri). Un progetto da 50 milioni di dollari che porterà ad alcuni obiettivi prefissati per la digitalizzazione con un anticipo di due anni rispetto ai piani originali del gruppo.


(L'immagine a corredo dell'articolo è stata scattata da David Jones)

L'autore: Camilla Pelizzoli

Laureata in Lettere moderne (con indirizzo critico-editoriale), ho frequentato il Master in editoria. Mi interessa la «vita segreta» che precede la pubblicazione di un libro – di carta o digitale – e mi incuriosiscono le nuove forme di narrazione, le dinamiche delle nicchie editoriali e il mondo dei blog (in particolare quelli letterari).

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