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Lettura

Come si misura la lettura?

di Giovanni Peresson notizia del 10 dicembre 2019

La presentazione dei dati Istat sulla lettura degli italiani a Più libri più liberi (Come misurare la lettura? sabato 7 dicembre alle 16.30) è stata l’occasione per riflettere – a partire dall’«esperienza delle indagini  Istat» (come recitava il sottotitolo dell’intervento di Emanuela Bologna) – su cosa significhi leggere oggi e su come misurare la lettura nel nuovo ecosistema digitale, ma ancor più nell’affollata dimensione temporale in cui collochiamo questo consumo, con riferimento a generi e formati che ci troviamo a scegliere.

Un’occasione, anche, di riflessione e confronto con un’altra indagine con una storia incommensurabilmente più breve: l’Osservatorio AIE sulla lettura e i consumi culturali (che nasce nel 2017). Nel 2018 Istat ha ufficializzato nel dato della lettura quello che prima veniva condotto in forma di test e indagine esplorativa: la fruizione di e-book. Alla classica domanda del questionario – che fa parte di una omnibus (Indagine multiscopo sulle famiglie) rivolta alle persone di 6 anni e più – «Ha letto libri negli ultimi 12 mesi? (Consideri solo i libri letti per motivi non strettamente scolastici o professionali)» «Sì»/«No», è stato affiancato dal 2015 un altro set, volto a rilevare la lettura di «e-book, libri online e audiolibri».

Un set che, tra le altre, aveva permesso di rilevare una serie di incoerenze nelle risposte. Ad esempio, alcune dichiarazioni indicavano che il rispondente «non aver letto nessun libro» ma aveva letto un e-book, un libri online o ascoltato un audiolibro. Di fatto mettendo nuovamente in luce come il dichiararsi lettore o meno è anche un fatto di percezione in rapporto al formato che si legge, a cosa si intende o meno con la parola «libro».

Il dato 2018 di Istat presentato a Roma indica che nella popolazione 6+ si dichiara lettore il 40,6% della popolazione. Lettori, compresi i lettori di e-book (l’8,4% della popolazione e il 20,6% dei lettori) e di audiolibri (lo 0,8% della popolazione e il 2,1% dei lettori). Da questo dato restano esclusi i «lettori inconsapevoli». Coloro che pur avendo risposto «no» alla domanda «Ha letto libri negli ultimi 12 mesi?», a una domanda di recupero nelle indagini quinquennali sulla lettura (I cittadini e il tempo libero: 1995, 2000, 2006 e 2015) rispondevano affermativamente quando veniva chiesto conto della lettura professionale e scolastica (ma non dei libri di testo), di guide turistiche, di libri per la casa, di libri su hobby e tempo libero, di romanzi rosa, di testi su cd-rom, di gialli e di libri fantasy e di fantascienza… Quei soggetti, insomma, chiamati «lettori morbidi» o, per l’appunto, inconsapevoli.

Considerare anche questa fetta di lettori (ancorché morbidi o inconsapevoli), nel 2015 portava la lettura di libri dal 42,6% al 59,4%. Valori non lontani da quelli rilevati dall’Osservatorio AIE che nel 2017 (l’anno più prossimo a questa rilevazione di Istat) indicava nel 57% dei 14-75enni i lettori di libri. Non considerando la fascia 6-14 che sappiamo alzare la media della lettura.

Tra l’altro questa fascia sembra (dovremmo dire sembrava, perché le indagini quinquennali paiono sparite dalla programmazione, nonostante gli importanti apporti che davano per comprendere le ragioni della non lettura) sistematicamente sfuggire alla domanda classica «Ha letto libri negli ultimi 12 mesi?» perché valeva il 17,2% nel 2000; il 16,8% nel 2006; e il 15,8% nel 2015. Quote come si vede non trascurabili.

Così, se al dato 2018 di Istat (40,6%) aggiungiamo quelle percentuali del 2015 (di più recenti non ne abbiamo) dell’11,5% di lettori morbidi e del 5,3% di lettori di libri per ragioni professionali, arriviamo a un 57,4%. Un valore non lontano da quello rilevato dell’Osservatorio AIE, come dicevamo.

Come si vede le «riflessioni» su come misurare la lettura indicano problematiche comuni: cosa l’intervistato intende con libro, la lettura da device elettronici, la questione dei generi e delle letture per fini professionali o pratici. Ma portano anche a una non piccola confusione sui dati, che presi a sé nascondono insidie e lunghe e complesse spiegazioni. E quindi sulle politiche istituzionali. In modo paradossale, se legge solo il 41% degli italiani (meno del Brasile, Cipro, Romania…) c’è poco da fare. Ma se legge il 57-60% si può ben pensare alla messa a regime di altre politiche pubbliche e private a sostegno e stimolo della domanda, diverse da quelle a cui si deve puntare se il dato di partenza è attorno al 40%.
Su ogni considerazione aleggia peraltro l'evidenza che non esiste alcuna recente indagine europea sulla lettura. L'ultima di Eurostat risale, se non ricordo male, al 2013 e non si hanno notizie di imminenti aggiornamenti né di sollecitazioni da parte degli organismi internazionali degli editotori, come la FEP.

C’è una strada percorribile? Forse sì, ed è quella di inserire nell’Indagine multiscopo sulle famiglie una domanda – rivolta ai soli non lettori – per appurare se nei dodici mesi precedenti abbiano letto libri professionali, guide turistiche, libri per la casa, libri su hobby e tempo libero, romanzi rosa, gialli, libri fantasy e di fantascienza, ma anche libri a fumetti o graphic novel, allegati ai quotidiani, per sostenere esami e concorsi, test di ingresso all’università e via dicendo. Anche questi sono libri, e chi li legge è a sua volta lettore.

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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