Potrebbe essere la prima casa editrice che opera nella nostra penisola per il valore dei diritti esteri venduti a case editrici straniere. Sicuramente «va a podio» come si direbbe nel linguaggio sportivo, mancando di dati certi. È la Libreria Editrice Vaticana (d’ora in poi LEV). Una realtà poco conosciuta – anche nel nostro ambito professionale – al di fuori del mondo dell’editoria e della distribuzione cattolica. Di questa realtà, per molti aspetti sorprendente e ben più innovativa di quanto comunemente si pensa, ne parliamo in questa intervista con don Giuseppe Costa, direttore della LEV.
Ci vuole presentare, innanzitutto, la casa editrice che dirige?
La LEV è parte degli enti che costituiscono la Segreteria per la comunicazione, mentre prima dipendeva direttamente dalla Segreteria di stato vaticana. Per molti anni avevamo essenzialmente la funzione di essere la «tipografia» che stampava secondo le esigenze dei vari dicasteri vaticani e del magistero del Papa. Tutto inizia a cambiare con l’avvento di Giovanni Paolo II. Karol Wojtyła prima si salire al soglio pontificio aveva pubblicato diversi libri: poesie, La bottega dell’orefice, ecc. Come autore rientrava in tal modo nelle logiche del lavoro creativo, e a LEV venne concesso di gestire il diritto d’autore per quelle opere e quelle pubblicate successivamente – come Varcare la soglia della speranza del ’94 – ma anche i documenti della congregazioni. Questo fatto ha determinato un rapporto più professionale tra LEV e le case editrici, italiane e straniere, nella fase di vendita dei diritti, e questo ha fatto nascere la necessità di ripensare a tutta la nostra organizzazione: dall’ufficio diritti, alla comunicazione, al commerciale-marketing, per dare una maggior evidenza alla nostra produzione. Questo processo si è ulteriormente accentuato con Benedetto XVI. Joseph Ratzinger, grande teologo, docente universitario, autore di una decina di saggi teologici oltre che di documenti pontifici ed encicliche, ha contribuito a farci compiere un ulteriore salto di qualità facendo entrare LEV a pieno titolo nello scenario dell’editoria internazionale. Tanto che dal punto di vista della vendita di diritti all’estero siamo uno degli editori che vende in assoluto di più all’estero.
Com’è composta la vostra produzione?
I titoli vanno dalle encicliche ai documenti vaticani. E all’inizio, come dicevo, l’attività di LEV si concentrava su questo tipo di produzione. Poi con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, la nostra proposta editoriale si è progressivamente diversificata, si è allargata la platea degli editori stranieri con cui trattiamo la vendita dei diritti. Editori italiani inclusi. I due volumi del Gesù di Nazareth sono stati venduti a oltre una cinquantina di case editrici; e dopo le encicliche è l’opera con più edizioni internazionali. Lo stesso sta avvenendo con Papa Francesco. I suoi scritti hanno uno stile e un pubblico diverso dai suoi predecessori. Karol Wojtyła e Joseph Ratzinger – quest’ultimo soprattutto per via della sua attività accademica – avevano dei lettori ben identificati e quantificabili. Papa Francesco ha un pubblico più ampio e diversificato al suo interno. Da semplici «ammiratori» a studiosi del suo pensiero. Tutto ciò ha portato a un ulteriore moltiplicarsi dell’interesse dell’editoria internazionale verso la raccolta e la pubblicazione dei suoi discorsi, sotto forma di antologie o di raccolte di temi specifici.
Accanto alla produzione più ufficiale…
Certo! Poi c’è la documentazione del magistero pontificio, gli atti di convegni, saggistica storiografica che attiene alla Chiesa, libri d’arte, la documentazione prodotta delle varie congregazioni. Tutte collane e libri più strettamente legati alla vita della Chiesa che interessano un pubblico più specialistico. C’è poi tutta la produzione giuridica di argomento canonico che ha il mercato universitario come punto di riferimento oltre a quello professionale.
Una produzione dunque molto diversificata. Come riuscite a gestirla con la distribuzione?
È uno dei problemi aperti e oggetto di discussione. Abbiamo fatto una scelta un po’ particolare rispetto al mondo tradizionale della distribuzione. Un approccio distributivo che definirei «aperto». Abbiamo scelto di non avere vincoli con un solo distributore e ci riserviamo sempre di scavalcare la distribuzione quando abbiamo richieste che ci provengono direttamente dalle diocesi, oppure da alcune librerie o biblioteche. Il grande distributore esclusivo è, per il nostro tipo di produzione, una scelta troppo rigida. Poi abbiamo la questione della promozione, in considerazione dei titoli che produciamo direttamente. Abbiamo una produzione che attiene la vita della Chiesa e delle sue congregazioni, libri d’arte, saggi storiografici, libri e codici di diritto canonico. Per questo ci servono distributori con una promozione capace di far comprendere la ricchezza e l’articolazione di quanto veniamo a pubblicare.
Torniamo alla cessione dei diritti di edizione…
Prima LEV stampava in più lingue. Negli ultimi anni invece – per le ragioni che dicevo – abbiamo scelto di percorrere la strada di cedere i diritti a editori stranieri. Direi con ottimi risultati se il fatturato che ci deriva da questa sola attività è di circa 1,5 milioni, con una prevalenza per il mercato statunitense seguito da quello francese, spagnolo e tedesco. Questo vale tanto per i libri dei pontefici, per le encicliche, quanto per la produzione di saggistica. L’editore straniero preferisce acquisire un autore pubblicato da LEV, che ha passato il nostro vaglio editoriale, pagare una royalty e tradurre il libro piuttosto che fare lui un lavoro di scouting.
È cambiata anche la vostra comunicazione e il marketing.
La partecipazione del Vaticano come Paese ospite nell’edizione 2014 del Salone di Torino ha rappresentato un importante momento di visibilità del nostro marchio e della nostra produzione. Avevamo da anni un nostro stand ma l’evento torinese ci ha permesso di enfatizzare il valore del nostro brand e di farci conoscere meglio non solo al pubblico generico ma anche a quello professionale. Avevamo optato, come molti ricordano, a uno spazio che fosse ben visibile e caratterizzato, perché è inutile andare in una fiera se non c’è l’«attrazione», se non c’è il «fenomeno».
Sarete naturalmente a Francoforte.
Saremo a Francoforte con uno stand rinnovato che accoglierà anche la produzione dei legata ai Musei Vaticani. In questo modo avranno la possibilità di esporre i loro volumi e vendere i diritti. Noi proporremo diversi titoli legati a Papa Francesco. Puntiamo su due opere di reference: il Nuovo Dizionario di Mistica e il Dizionario della Bibbia. Presenteremo anche due Enchiridion: il primo sulla nuova evangelizzazione, il secondo sul diaconato. Avremo inoltre un libro gastronomia dedicato alle ricette legate alle feste dei santi, scritto coinvolgendo uno chef e un’autrice e alcune biografie di santi, perché la parte agiografica per LEV rappresenta un settore importante.
E gli e-book?
Costituiscono una parte interessante del mercato totale, ma non riscontriamo più quella crescita che si aveva fino a qualche anno fa. Anzi, abbiamo l’impressione che il settore stia rallentando. Negli Usa sono il 25%, in Europa, a seconda dei mercati, intorno al 10-15%. Abbiamo una produzione nostra di e-book, ma nonostante Amazon, questi prodotti non incidono in maniera rilevante sul nostro fatturato.
Come spiega dal suo punto di osservazione l’attenzione verso l’editoria religiosa
C’è stata una crescita professionale di tutta l’editoria cattolica. È innegabile: libri meglio curati dalla scelta editoriale alla copertina, fino allo sviluppo della vendita di diritti. Noi fatichiamo ancora dal punto di vista delle attività di comunicazione e marketing. Poi ci sono altri aspetti che hanno contribuito ad aumentare l’attenzione verso l’editoria religiosa: la crisi delle ideologie successive al 1989 e alcuni grandi eventi mediatici che hanno riguardato la vita della Chiesa, come le beatificazioni, la morte e i funerali di Giovanni Paolo II, la rinuncia di Benedetto XVI e il magistero di Papa Francesco. L’attenzione mediatica è cresciuta molto in questi anni ma si assiste anche a un interrogarsi delle persone su alcuni temi etici, alla riscoperta dell’ascetica e della letteratura mistica dei padri della Chiesa e delle relative pubblicazioni. Credo che sia questo mix di fattori a spiegare il cambiamento avvenuto nel pubblico – e quindi anche nel nostro settore, in Italia e all’estero – verso tematiche sentite lungo tutto il ‘900 come estranee a gran parte delle persone.
Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.
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