Un altro episodio di censura ha scosso il settore editoriale: la Cambridge University Press, lo scorso fine settimana, ha momentaneamente bloccato l’accesso a più di 300 articoli della propria rivista «China Quarterly» su richiesta delle autorità cinesi e del proprio distributore cinese, tutti relativi ad argomenti «scomodi» e già ampiamente censurati (dagli eventi di piazza Tienanmen, al Tibet, al governo di Hong Kong). Un gesto che ha causato la comprensibile reazione del mondo accademico (tant’è che è nata una petizione e si preannunciava già un boicottaggio) e poi di quello della cultura tout court. Dopo tre giorni, Cambridge University Press ha reso nuovamente disponibili i contenuti ai propri utenti in Cina, rilasciando un comunicato molto chiaro: «A seguito della specifica richiesta del nostro distributore, abbiamo preso con riluttanza la decisione di bloccare, in Cina, 315 articoli di “China Quarterly”. La decisione è stata una misura temporanea in attesa di discutere con la direzione culturale dell’Università di Cambridge, e in attesa di un incontro organizzato con il nostro distributore cinese a Pechino. La direzione accademica ha ora rivisto questa decisione prima dell’incontro in Cina nei prossimi giorni. La libertà accademica è il principio prioritario su cui si basa l’Università di Cambridge. Dunque, anche se questa decisione temporanea era stata presa per proteggere l’accesso a breve termine in Cina alla maggior parte dei nostri articoli, la direzione accademica dell’Università e la University Press hanno concordato il ripristino dei contenuti bloccati, con effetto immediato, per rispettare il principio di libertà accademica su cui è fondato il lavoro dell’Università».
Una comunicazione che ha incontrato l’approvazione di molti, e che era disponibile anche in lingua cinese, benché il post sui social media che lo conteneva sia scomparso. Tra i sostenitori della presa di posizione di Cambridge c’è Kristenn Einarsson, presidente del Comitato per la libertà d’espressione dell’IPA, l’International Publishers Association. «La Cambridge University Press ha fatto la cosa giusta resistendo alle pressioni di Pechino. Questo tentativo di nascondere contenuti che contraddicono la vulgata del partito comunista cinese è stato un deplorevole attacco alla libertà accademica e alla libertà di edizione. Entrambi i principi sono essenziali per l’avanzamento delle scienze, e indispensabili per una società progressiva e partecipativa, e per economie della conoscenza di successo».
Anche il presidente dell’IPA Michiel Kolman ha sostenuto la scelta di Cambridge, chiedendo alle autorità cinesi di non procedere con ulteriori penalizzazioni: «La Cambridge University Press merita ogni riconoscimento per aver ripristinato il completo accesso a “China Quarterly”, ma aspettiamo di vedere quali conseguenze dovrà affrontare. È compito dell’IPA contrastare la censura ovunque abbia luogo, perché la libertà di stampa è fondamentale per la nostra associazione e per gli editori di tutto il mondo. Tentativi da parte di uno Stato di controllare il flusso di informazioni, specialmente nello spazio digitale, sono miopi e sbagliati. Non c’è nulla di buono nella censura, semplicemente rallenta il progresso umano e semina paura e risentimento».
L’importanza di questi comunicati, però, non sta solo nel chiaro messaggio che portano. La Cina, infatti, è ormai entrata a far parte dell’IPA attraverso l’Associazione degli editori cinesi: un ingresso accolto con qualche dubbio nel 2015 proprio per gli episodi di censura a cui è spesso soggetto il mondo culturale cinese. Da IPA è già stata confermata l’intenzione a tal riguardo di avviare un dialogo con i propri membri cinesi, e la presenza e la vicinanza di questi editori nell’associazione potrebbe facilitare un dialogo senz’altro non semplice su un tema fondamentale come la libertà di espressione.
Laureata in Lettere moderne (con indirizzo critico-editoriale), ho frequentato il Master in editoria. Mi interessa la «vita segreta» che precede la pubblicazione di un libro – di carta o digitale – e mi incuriosiscono le nuove forme di narrazione, le dinamiche delle nicchie editoriali e il mondo dei blog (in particolare quelli letterari).
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