Quando si parla della professione scrittore, in Italia, si finisce sempre col fare riferimento alla difficoltà di essere pubblicati da un editore. Eppure nel nostro Paese si pubblica molto ogni anno, e il margine per essere notati da un editore esiste: basta avere una buona storia e la volontà di imparare a presentare bene se stessi e il proprio manoscritto inedito.
È un dato di fatto: negli ultimi dieci anni la narrativa italiana si è imbastita di molti nuovi autori, esordienti che spesso hanno avuto successo se non col primo libro con le pubblicazioni successive. Un fenomeno in parte veicolato e favorito dal caso di La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, la cui fortuna ha convinto molti editori a guardare con interesse a nuove voci. Un’autorialità italiana che è sempre più preparata, in parte per vocazione e per una passione sincera nata dall’essere prima di tutto lettori consapevoli, e in parte grazie al fiorire di corsi orientati alla professioni legate alla scrittura e all’utilizzo dello storytelling in ogni campo.
Ma quanti sono gli «scrittori» nel nostro Paese? Alcuni dati raccolti da Istat, consultabili nella
sezione Presentazione del sito, riescono a darci una dimensione del fenomeno, capaci soprattutto di farci capire quanti siano gli aspiranti.
Su 100 lettori, infatti, ben il 21,4% dice che gli piacerebbe scrivere un libro e il 7,7% dichiara di averlo già scritto, comprendendo sia chi l’ha fatto per passione sia chi per motivi legati al lavoro. In entrambe le percentuali il potenziale creativo sembra essere più presente nel campione femminile, in particolare la quota più elevata di lettori-scrittori è rappresentata da un pubblico femminile adolescente (15-19 anni), ben il 13%.
Significa che in Italia ben 2 milioni 100 mila lettori hanno scritto almeno un libro nella vita: sono soprattutto donne (1 milione 250 mila) rispetto agli uomini (855 mila). Se il dato ci potrebbe sembrare già così enorme, diventa ancora più elevato se a questo si somma il numero di «potenziali scrittori», di lettori che si sono dichiarati interessati a scrivere un libro nel futuro: 5 milioni 866 mila.
Oltre 2 milioni di persone che hanno scritto un libro, quasi 6 milioni che potrebbero scriverlo in futuro, ma quanti di loro effettivamente poi riescono a pubblicare?
A partire dagli anni ’90 la narrativa italiana ha ottenuto sempre maggiore importanza all’interno dell’intera produzione editoriale, e lo confermano i numeri. Si pensi a ciò che è riuscita a fare la nascita di un nuovo genere come il noir mediterraneo, ben lontano dalla produzione americana a cui si era abituati: una serie di autori che hanno rinfrescato la narrativa italiana e che hanno mostrato all’editoria la potenzialità creativa nostrana.
Si è andato così a creare una figura professionale sempre più attenta a questa tipologia di scrittori, gli agenti letterari, prima molto più orientati al mercato straniero. La maggior parte degli agenti oggi offre un servizio di editing ai testi, prima che vengano presentati agli editori, e di rappresentanza, facendosi magari anche carico della gestione di alcuni diritti secondari.
In realtà, come ha sottolineato
Luigi Brioschi, direttore editoriale di Guanda, che ha partecipato insieme a
Diego Guida (Guida Editori; Presidente Piccoli editori dell'Aie) all’incontro di
Più libri più liberi A cosa serve l’editore. Linee guida per essere autori, «
l’editoria italiana non conosce percorsi canonici. È vero che esiste un sistema ma è molto aperta alle vie inusuali in cui si conoscono nuovi autori». Spesso la scoperta di uno scrittore o un titolo che avrà molto successo è legato alla fortuna e al caso, ma lo stesso mestiere dell’editore «è
un mestiere che si affida molto all’imprevedibilità». L’editor crede sempre nel testo che pubblica, facendo una scommessa col pubblico, l’unico in grado poi di definire il successo di un libro.
Arrivare all’editore e convincerlo a essere pubblicati in realtà è soltanto l’inizio di un percorso che vedrà l’autore affiancato all’editor, in un rapporto in cui l’editing ha un valore di lavoro paritario, sempre teso alla miglioria del lavoro dello scrittore.
Un consiglio a chi vuole diventare autore? Non pensare in prima istanza alla pubblicazione, ma imparare prima a conoscere meglio la potenzialità della propria scrittura. A questo proposito Luigi Brioschi ha citato un motto di Elio Vittorini: «Soprattutto, non pubblicare». Che non è un invito a lasciar perdere, quanto piuttosto «significa essere esigenti con se stessi, essere pazienti e saper aspettare. Per cercare di scoprire fino in fondo la propria vocazione con lo scrivere stesso».
Insomma, mai pensare ossessivamente alla pubblicazione come unico obiettivo, quanto piuttosto lavorare sodo e molto, scrivere e riscrivere come faceva Beppe Fenoglio, perché la buona scrittura passa per forza attraverso la consapevolezza.
Per la foto di copertina si ringrazia Musacchio, Ianniello & Pasqualini.
Laureata in Filologia, mi sono poi specializzata e ho lavorato in comunicazione, approdando infine al Master in Editoria della Fondazione Mondadori. Oggi mi occupo di editoria digitale e accessibilità in Fondazione LIA, e collaboro col Giornale della libreria. Sono interessata a tutto ciò che è comunicazione della cultura, nuovi media, e mi affascinano gli aspetti più pop e innovativi del mondo del libro.
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