
Il buzz mediatico riguardo a
Masterpiece, il nuovo
«talent show letterario» di Rai 3, è ben lontano dall’essersi placato, tuttavia è interessante leggere cosa si dice di questo format televisivo (unico nel suo genere) al di fuori dei confini nazionali.
Il primo elemento di curiosità è dato proprio dalla singolarità dell’iniziativa che non trova eguali nemmeno negli Usa, la patria dei reality show. Eppure, come sottolinea Edward Nawotka
su Publishing Perspectives, uno degli aspetti più trascurati dalle discussioni che vedono dibattere detrattori e sostenitori di Masterpiece, è quello che riguarda il
background storico della letteratura in televisione: esistono infatti almeno altre due trasmissioni che hanno tentato di portare gli scrittori sul piccolo schermo,
Poets Million (Emirati Arabi Uniti) e
LuchaLibro (Perù), e che – a detta di Nawotka – racchiudono addirittura un potenziale sovversivo.
Poets Millions è andato in onda la prima volta nel 2008 ottenendo un incredibile successo. Lo show è modellato sull’americano American Idol e vede gli scrittori
competere nell’enunciazione di componimenti di poesia Nabati (ovvero poesia nomade, colloquiale). Proprio come il programma americano, Poets Million contempla un trio di giudici adeguatamente bene assortito (uno burbero, uno incoraggiante, uno di bell’aspetto), un pubblico assai attivo, un consistente premio in denaro (5 milioni di dirham ovvero quasi un milione e mezzo di dollari) per il vincitore. La differenza più evidente: la separazione del pubblico con uomini da un lato e le donne dall’altro. La trasmissione ha avuto anche una parentesi rivoluzionaria: la poesia nel mondo arabo è dominata da autori uomini, ma nel 2010 Hissal Hilal, una poetessa originaria dell’Arabia Saudita, lesse un componimento dove si scagliava contro i sacerdoti integralisti che approfittavano della loro posizione di potere per seminare l’odio e la paura.
In Perù invece c’è
LuchaLibro (nome a mio avviso geniale), non una trasmissione televisiva ma un vero e proprio
live-show, in cui aspiranti scrittori celano la loro vera identità dietro a maschere da wrestlers messicani e competono l’uno con l’altro nella redazione di racconti brevi, il più apprezzato dei quali vincerà un contratto di pubblicazione. Per chi volesse approfondire rimandiamo a
Lucha Libro: Masked Peruvian Writers Battle for a Book Contract.
Su Masterpiece potremmo dire che, complessivamente,
i giudizi esteri sono meno pungenti di quanto ci si potrebbe aspettare. L’ironia naturalmente non manca – si veda
11 potential reality television shows about writing (Los Angeles Times) –eppure sembra prevalere una certa sensazione di curiosità e aspettativa. Naturalmente c’è chi sostiene che si tratta di un’operazione televisiva priva di senso e che nulla ha a che vedere con la vera letteratura, eppure
ogni critica ha il suo contraltare in chi sostiene che non c’è nulla di male a tentare di guadagnare nuovi spazi e nuova popolarità per l’arte della scrittura (e dunque per il sempre più trascurato atto della lettura). Infine c’è chi, più che critiche a livello di contenuto, fa
appunti sulla scelta del contenitore sottolineando che la trasmissione è ben riuscita nella sua seconda parte, mentre rende meno nel momento iniziale.