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Lettura

Il lettore da piccolo

di Giovanni Peresson notizia del 14 marzo 2018

Sono le fasce di età in cui si forma il gusto e l’abitudine alla lettura. L’abitudine ad andare in biblioteca o a usare la bibliotechina di classe. A entrare con i genitori in libreria. Gli anni in cui si struttura il rapporto con uno strumento tecnologico – il libro – attraverso cui ci si formerà, si studierà, ci si aggiornerà, si evaderà nei tanti mondi creati dalla letteratura. Eppure di queste fasce d’età non sappiamo nulla. Nulla di cosa e come leggono i bambini di 0-3 anni, del ruolo che i genitori hanno nel condurli verso questa attività o della sua frequenza. Nulla sappiamo di cosa avviene a scuola tra i 6 e i 13 anni: se e in quale modo gli insegnanti consigliano agli alunni i libri da leggere. Nulla sappiamo della progressiva «emancipazione» della lettura: dalle scelte guidate dal genitore, poi dall’insegnante o dal bibliotecario, alla scoperta dello «scaffale aperto». Ancora meno sappiamo del loro rapporto con le tecnologie. I telefonini o gli smartphone, i tablet: controllati e in che misura dai genitori, usati per cosa, e quanto e come.

Eppure avremmo dovuto già avvicinarci a queste fasce d’età. Se non altro per monitorare gli effetti delle iniziative che diversi soggetti (istituzionali e non) hanno sviluppato per promuovere la lettura tra i più giovani. In quei segmenti anagrafici che rappresentano la soglia d’ingresso a forme di cittadinanza più consapevole: lettura come investimento sociale, come sviluppo del «capitale umano» e quindi professionale. Per rimediare alla mancanza d’informazione su fasce d’età tanto cruciali – per il nostro settore e per il Paese tutto – l’Aie, attraverso il suo Ufficio studi e in collaborazione con Pepe Research, ha deciso di ampliare l’Osservatorio sulla lettura e i consumi culturali (Olcc) comprendendo, con il 2018, il segmento 0-13 e completando così l’indagine avviata lo scorso anno sul target 14-75 anni.

Con l’aggiunta di questo tassello, l’Osservatorio diventa la fonte di un insieme di dati incrociabili e analizzabili da più punti di vista. Dati sulla lettura di libri (dove il libro è inteso in senso esplicitamente esteso: narrativa, certo, ma anche «di genere», saggistica più o meno leggera, manualistica, libri di viaggio o di cucina, sport e via dicendo). Dati sulla lettura di e-book e sull’ascolto di audiolibri. Dati sull’uso delle app o dei libri tattili per la primissima infanzia. Dati su una lettura «atipica»: di soli testi di fanfiction, per esempio, o di blog letterari, o di libri ma letti in maniera discontinua, o ancora interrotti prima della fine. Dati sulla presenza e l’uso delle tecnologie nel processo di lettura e sui canali d’informazione – prima che di acquisto – del libro. Dati raccolti e comunicati in forma di osservatorio semestrale, in modo da poter cogliere (è l’aspetto più importante) le tendenze!




Se questa è la necessaria premessa, allora come leggono gli 0-13enni? E quanto? Un’anticipazione dei risultati è stata presentata pochi giorni fa a Tempo di libri, nell’ambito di un incontro della convegnistica professionale della fiera. Tornando alla domanda, il grafico qui sopra mette fin da subito in evidenza come, negli ultimi 12 mesi, all’82% dei bambini di 0-13 anni sia capitato di leggere ma anche «di sfogliare un libro, di stoffa o in altri materiali, un cartonato, un e-book o un’app», oppure a un genitore «di leggerglielo ad alta voce». Una categorizzazione di ciò che oggi dobbiamo intendere come «lettura» trasferita al mondo dell’infanzia o della primissima infanzia: una delle ragioni che spiega perché si è deciso di abbandonare la definizione tradizionale, ma molto più restrittiva, di Istat. Un bambino di 4 anni che ascolta la voce del genitore che gli legge un libro è o no un «lettore»? Un bambino di 2 anni che manipola un libro cartonato, o realizzato in materiali diversi dalla carta, forse non è un «lettore» tradizionalmente inteso, ma il suo rapporto con la «forma libro» prelude magari alla lettura. E comunque è interessante da esplorare e quantificare. Peraltro il dato è in ogni caso disaggregabile, e ci consente un ritorno a una più tranquillizzante e «canonica» misurazione della lettura.

In ogni caso si confermano due aspetti già chiari. Il fatto che in queste fasce di età, nonostante l’ingresso di app, smartphone e tablet, si legge di più di quanto non avvenga nella media della popolazione (65% vs 62%; dato 2017). Si conferma che la lettura del libro – sia pur lentamente – inizia a calare fin da subito. Tra i 7-9 anni e i 10-14 c’è già uno scalino (a scendere) già di tre punti; mentre cresce il digitale. Dall’1% dei 4-6 anni, al 10% della fascia successiva, al 25% dei 10- 14 per quanto riguarda gli e-book. Cresce l’uso delle app: è già il 2% tra gli 0-3 anni, sale al 22% tra i 4-6 anni e si attesta al 21% tra i 7 e i 14 anni. L’altro aspetto che nerita di essere posto in evidenza è il ruolo dell’adulto. Il genitore ha una funzione progressivamente decrescente nell’orientare e stimolare la lettura del bambino. Come, ma in maniera non del tutto positiva, l’insegnate o la scuola (il 52% risponde di non aver letto nessun libro «proposto dall’insegnante»). Il grafico vale più di tante parole. Il bambino inizia ad acquisire un primo livello di autonomia nella scelta già tra i 4-6 anni, ma sarà tra i 7-9 e i 10-14 che questa autonomia si esprimerà pienamente. Praticamente «esplodendo»: dal 14% al 67% in poco più di tre-quattro anni. È vera, però, anche un’altra cosa. Questa «autonomia» dipende dal ruolo genitoriale precedente (e più in generale dell’adulto). Nella fascia dei più grandicelli c’è ancora un 16% in cui il genitore ha avuto un qualche ruolo nella scelta. Ma il valore era del 67% solo tre anni prima!




Ecco allora che si apre una finestra importante di riflessione sulle politiche di comunicazione e di promozione della lettura: quelle più istituzionali, ma anche quelle delle stesse case editrici. Si può consigliare e scegliere assieme al proprio figlio solo se si conosce quello che il mercato offre (quasi 7 mila novità l’anno). Ma quanti genitori hanno queste competenze e il tempo per trovare queste informazioni? E dove? Negli store online, sui blog (spesso autoreferenziali) dei gruppi di lettura? In libreria? Nelle fiere, nei saloni, nei festival? Quel 52% di bambini che non ha letto alcun libro propostogli dalla scuola – pur con tutte le tare che possiamo applicare al dato – può voler dire solo due cose. Che la scuola non ha proposto loro nessun libro da leggere, oppure che ha proposto dei libri che avevano linguaggi, temi, interessi, lontani da chi è nato tra 2003 e 2017. Ecco la domanda e il progetto – assieme culturale ed editoriale/imprenditoriale – alla base della lettura (e delle letture) dei più piccoli.

L'autore: Giovanni Peresson

Mi sono sempre occupato di questo mondo. Di editori piccoli e grandi, di libri, di librerie, e di lettori. Spesso anche di quello che stava ai loro confini e a volte anche molto oltre. Di relazioni tra imprese come tra clienti: di chi dava valore a cosa. Di come i valori cambiavano in questi scambi. Perché e come si compra. Perché si entra proprio in quel negozio e si compra proprio quel libro. Del modo e dei luoghi del leggere. Se quello di oggi è ancora «leggere». Di come le liturgie cambiano rimanendo uguali, di come rimanendo uguali sono cambiate. Ormai ho raggiunto l'età per voltarmi indietro e vedere cosa è mutato. Cosa fare da grande non l'ho ancora perfettamente deciso. Diciamo che ho qualche idea. Viaggiare, anche se adesso è un po' complicato. Intanto continuo a dirigere l'Ufficio studi dell'Associazione editori pensando che il Giornale della libreria ne sia parte, perché credo sempre meno nei numeri e più alle storie che si possono raccontare dalle pagine di un periodico e nell'antropologia dei comportamenti che si possono osservare.

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