I titoli in traduzione rappresentano, non solo per l’Italia ma anche per molti altri Stati del mondo, una buona fetta della produzione libraria; e allo stesso tempo, una via imprescindibile per far conoscere il proprio Paese al di fuori dei confini nazionali. Per questo la presentazione della settima edizione di Premi e incentivi alle traduzioni (aggiornata a marzo 2017, con 40 Paesi monitorati e quasi 50 istituzioni), che avverrà durante Tempo di libri. Fiera dell’editoria italiana, è l’occasione per una riflessione sul ruolo della traduzione nei processi di internazionalizzazione dei contenuti editoriali.
Premi e incentivi alle traduzioni è uno strumento pensato per i traduttori e per gli editori, specialmente per quelli piccoli che hanno intenzione di avvicinare culture, opere e autori poco (o nulla) presenti nella più vasta offerta editoriale italiana; ma che, proprio per questo, hanno bisogno di trovare un sostegno economico per la traduzione.
Oltre dieci anni fa, gli Stati nell’Unione europea e i relativi ministeri della cultura che erogavano contributi erano di numero assai più ridotto rispetto ad oggi. Nel tempo l’UE si è allargata, arrivando a comprendere 28 Paesi la cui lingua, spesso ristretta alla comunità nazionale, risulta minoritaria e quindi porta a una circolazione forzatamente ridotta delle varie letterature nazionali.
Da questo punto di vista, i Programmi Cultura 2000 e successivi hanno avuto un’enorme importanza, fornendo un modello e incrementando lo scambio di diritti, supportando gli sforzi per la diffusione delle voci di ogni Paese attraverso quella dei loro scrittori, poeti, saggisti, autori per ragazzi.
E i risultati si vedono! Tant’è che, per fare un esempio, le case editrici italiane che hanno capito prima la potenzialità di questi strumenti si sono costruite su questa base un catalogo e restano forse l’esempio di maggiore coerenza. E sempre più spesso si trova nei risvolti di copertina o nella pagina dei crediti di molti editori l’indicazione: «Questo volume esce con il contributo...».
Rispetto ai precedenti aggiornamenti si conferma la presenza crescente di altri Stati extraeuropei che offrono contributi: dall’area dell’estremo Oriente al Sud America, le opportunità ormai arrivano da tutto il mondo.
E l’Italia? Resta la maggior complessità burocratica e il nodo delle risorse. E l’internazionalizzazione, almeno per gli editori italiani, passa oggi sempre più anche attraverso altri strumenti: tanto più che il valore del nostro export (diritti + libri italiani venduti all’estero) non supera il 5% del nostro fatturato complessivo, una percentuale bassa rispetto ai valori a due cifre dei nostri Paesi competitori. Il valore, ad esempio, passa più attraverso le coedizioni (oltre un migliaio quelle con editori stranieri nel 2016: il 58% di libri per bambini e ragazzi), o mediante la realizzazione di software di processo.
Laureata in Lettere moderne (con indirizzo critico-editoriale), ho frequentato il Master in editoria. Mi interessa la «vita segreta» che precede la pubblicazione di un libro – di carta o digitale – e mi incuriosiscono le nuove forme di narrazione, le dinamiche delle nicchie editoriali e il mondo dei blog (in particolare quelli letterari).
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