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Editori

Una vita a fumetti. Bao Publishing si racconta

di Denise Nobili notizia del 10 aprile 2018

C’è stato un tempo in cui il fumetto veniva considerato «roba da nerd», relegato nell’immaginario a un certo pubblico di appassionati, e anche il suo settore era percepito di secondo piano nell’offerta editoriale. Oggi le cose sono cambiate: non è possibile entrare in una libreria senza scorgere almeno qualche graphic novel tra gli scaffali e in bella mostra tra le novità. A comprarli non solo nerd, ma ragazzi (e ragazze), adulti, chiunque cerchi una bella storia. Perché se c’è qualcosa che è davvero cambiato negli ultimi anni è la percezione che abbiamo del fumetto.

Il merito va senz’altro a realtà appassionate come Bao Publishing, che nel fumetto ci crede così tanto da aver avuto una vera e propria missione fin dall’inizio: convincere i lettori (e i non lettori) che un buon libro è un buon libro, anche a fumetti. Per cambiare la percezione del pubblico, c’è voluto un attento lavoro su tutti i fronti, a partire dalla cura estrema per l’aspetto tipografico dei volumi pubblicati. Da quasi dieci anni, Bao pubblica alcune tra le penne più importanti del mondo del fumetto da Terry Moore e Brian K. Vaughan al nostrano Zerocalcare e a una scuderia di nuovi autori italiani di talento.

Abbiamo fatto qualche domanda a Michele Foschini, direttore editoriale di Bao Publishing.



Quale pensi che sia la peculiarità della vostra casa editrice?

Bao è probabilmente la casa editrice di fumetti con la filiera produttiva più verticalizzata in Italia. Dall'acquisizione di una licenza, o dalla stipula di un contratto, la produzione di ogni libro è curata internamente a tutti i livelli: redazionale, grafico, calligrafico, commerciale, promozionale. Ogni dipartimento dell'azienda è al corrente della natura, delle peculiarità e del pubblico potenziale di ogni libro, rendendo molto più facile contestualizzare le opere verso il pubblico, gli operatori commerciali, i media. Questa filiera integrata ci permette di trasmettere le intenzioni e le atmosfere di ogni libro con una chiarezza che non sempre riesce ai colleghi, ed è un procedimento che ha richiesto anni di affinamento delle dinamiche interne e di cui sono molto fiero.
 
 
Fare buona editoria significa saper precorrere i tempi, ma non solo: come diceva Giulio Einaudi «i miei libri devono nascere vecchi, fatti per durare». Cosa significa questo per Bao?

Fin dall'inizio abbiamo avuto chiaro che avremmo dovuto superare un ostacolo nella mente dei lettori: la resistenza a leggere un fumetto, o ad attribuire al fumetto come linguaggio la capacità di essere veicolo anche di messaggi importanti. Per cui abbiamo sempre cercato di fare libri il più possibile non legati al gusto del momento. Erodere l'apatia e il disinteresse del pubblico nei confronti della lettura in primis e della lettura di fumetti nello specifico ci ha costretti a pensare ai nostri libri come concetti e oggetti che fossero difficili da ignorare.

Questo mese avete inaugurato una nuova collana di fumetti a tema scientifico, «Octopus», importata dalla casa editrice francese Delcourt. C’è un vantaggio nel fare divulgazione scientifica attraverso il medium fumetto?

Non è detto che ci sia un vantaggio. L'immagine nel fumetto non è esplicativa, rispetto al testo, ma interdipendente. Leggere fumetti è complicato, è qualcosa che si impara. Tuttavia chi lo fa spesso ha curiosità personali nei confronti delle scienze, ma si documenta poco. «Octopus» ci è sembrata il modo perfetto per portare sotto gli occhi dei lettori di fumetti temi un poco più seri e alti rispetto alla media della narrativa per immagini, senza voler essere didascalici o noiosi.
 


Uno tra gli scogli più grandi per una casa editrice è la distanza che il lettore percepisce con chi i libri li fa, una distanza che per sua natura è imposta dalla complessità della filiera. Voi siete riusciti a ridurla, rendendo i vostri lettori più consapevoli di ciò in cui consiste il lavoro editoriale. Ci racconti come?

Credo che molti operatori del settore non lo percepiscano come uno scoglio, anche se lo è eccome. Per noi era essenziale demistificare il più possibile le logiche della produzione editoriale, per poter arrivare a parlare a fondo dei temi, dei libri, in modo da emozionare i potenziali lettori ben prima dell'uscita dei titoli. Le scelte chiave sono state quella di non mandare newsletter informative, usando invece la pagina Facebook come strumento di informazione costante, e quella di aprire il blog di editoria aziendale, «I tipi di Bao», per parlare delle motivazioni delle nostre scelte.

Franchezza, chiarezza e profondo entusiasmo per ciò che facciamo (che a volte, lo so, sembra eccessivo ad alcuni, ma d'altra parte non possiamo non parlare bene dei libri che pubblichiamo, anche perché ci piacciono davvero) hanno aiutato a erodere quel senso di distanza, tanto che ci piace pensare ai nostri lettori regolari come a veri «azionisti» della nostra azienda.
 


Come si costruisce la narrazione attorno a una fiera? E perché è tanto importante prevedere e creare un’esperienza per il pubblico?

Per noi le fiere sono molto importanti, anche se rispetto ad altri operatori del settore ne facciamo relativamente poche. Non mandiamo mai personale esterno, sono sempre i membri della redazione a costituire il nucleo delle presenze agli stand. La presenza degli autori ci consente di concentrare l'attenzione sui rituali delle dediche, che sono una peculiarità molto efficace nel contesto delle fiere: spesso facciamo filmati live su Instagram degli autori che disegnano, filmiamo le file di chi attende una dedica, il tutto per restituire il senso di emozione e allegria che permeano solitamente quei momenti.

All'atto pratico, il fatto di saper consigliare i lettori, di poter rispondere con competenza a domande sulle pubblicazioni future e l'atmosfera di cameratismo che cerchiamo di creare e preservare anche nei momenti più intensi (si pensi al bailamme di Lucca, che per noi è la prova più ardua dell'anno) aiutano molto a dare a chi ci viene a trovare una sensazione positiva su di noi e sul nostro lavoro. L'apoteosi la raggiungiamo a Più libri più liberi, dove ci vengono chiesti tantissimi consigli su cosa regalare (vista la prossimità con il Natale) e l'interazione con i visitatori si fa ancora più diretta ed efficace. Insomma, il nostro comportamento alle fiere è un biglietto da visita promozionale impagabile, e le curiamo al meglio per questo. La vendita è un aspetto quasi marginale, anche se dà il polso dello stato di salute dell'evento.


Le foto della redazione sono state fatte da Fabio Rossini.

L'autore: Denise Nobili

Laureata in Filologia, mi sono poi specializzata e ho lavorato in comunicazione, approdando infine al Master in Editoria della Fondazione Mondadori. Oggi mi occupo di editoria digitale e accessibilità in Fondazione LIA, e collaboro col Giornale della libreria. Sono interessata a tutto ciò che è comunicazione della cultura, nuovi media, e mi affascinano gli aspetti più pop e innovativi del mondo del libro.

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